Ogni tanto trovi il serial che ti intrippa, quello che cominci a guardare e non riesci a smettere più, tanto che ti vai addirittura a vedere le puntate ancora non doppiate con i sottotitoli perché non puoi aspettare che le mettano in onda: e infatti a me, che avevo schivato allegramente tutti i seriale giornalistico-politici tipo The Newsroom, The Good Wife e Scandal, mi sono invece trovata completamente risucchiata da House of Cards.
Quando ne guardi un paio di puntate, ti rendi conto di due cose: è fatto da attori che recitano da Dio, tutti, da registi che sanno il fatto loro, ma soprattutto da sceneggiatori che hanno masticato, digerito ed assimilato i grandi romanzi dell”800, per cui sanno costruire meravigliosi romanzi moderni che non hanno una sbavatura né di trama né di dialogo, e sanno rendere accattivante qualsiasi cosa: per dire, nelle prime due puntate il perno del racconto gira attorno alla riforma dell’istruzione e ad uno sciopero degli insegnanti. Riuscite ad immaginare un tema meno narrativamente attraente? Ecco, invece il pubblico è lì che non si perde una battuta. Questo vuol dire saper scrivere.
Il protagonista, poi, Frank Underwood, è uno di quei cattivi che fanno la storia. Freddo, metodico, manipolatore, non fosse che è pettinato come Berlusconi e gli somiglia pure vagamente, sarebbe un Andreotti fatto e finito: una maschera di pietra che gode nel giocare sporco nelle trattative, l’avversario che non vorresti trovarti mai di fronte, perché non solo ti frega, ma lo fa pure in una maniera così sottile che alla fine sei pure convinto di dovergli un favore. E’ un personaggio grandioso e tragico, un gigante del male in un’epoca di nanetti ambiziosi che lui si diverte a mettersi sulle spalle per dar loro l’illusione di non essere solo sue pedine.
Quando vedi un serial così ti viene spontaneo domandarti come mai non si immaginino anche in Italia cose simili: non dico un serial, ma almeno dei film o dei romanzi. Perché se in America hanno questi personaggi da raccontare, ti vien da pensare che noi non saremmo da meno, anzi, quando a politici corrotti e nanetti ignoranti da ritrarre come personaggi ne potremmo mettere in campo una intera schiera. Poi però ti rendi conto che in Italia una cosa del genere non la possiamo fare: e non perché, appunto, ci manchino i personaggi. Il problema sono le storie.
Frank Underwood nella sua scalata al potere può ricattare e travolgere i colleghi perché questi hanno paura dello scandalo, e gli scandali di cui li minaccia sono questi: uno che è stato arrestato con una prostituta ubriaco mentre era alla guida della sua macchina, un altro che ha una figlia illegittima mentalmente ritardata che ha fatto ricoverare in una clinica. Persino i “peccati” di Underwood sono di questo tipo: si porta a letto una giornalista e le fornisce notizie riservate, ma non le fa fare carriera, anzi: la poveretta perde pure il lavoro che aveva e se ne deve cercare un altro, e per giunta abita in una topaia fatiscente infestata dagli scarafaggi, dove lui va a trovarla, ma guardandosi bene dall’offrirsi persino di pagare l’affitto. La moglie di Underwood gestisce poi una fondazione di beneficenza, e intasca donazioni cospicue da un lobbista: il suo “peccato”, che le viene rinfacciato dalla sua sottoposta più naif, è questo. Ma i soldi, si badi bene, li investe davvero in pozzi in Ghana o Dio sa dove: non se ne intasca un centesimo per comprarsi appartamenti o borse di Luis Vuitton.
Ecco, quando vedi le puntata ti rendi conto che le trame funzionano perché l’America è l’America, cioè una società che ancora si scandalizza a morte se un deputato non paga di tasca sua il taxi che lo porta a trovare l’amante, e se scopre che beve e va a puttane in servizio gli fa rassegnare le dimissioni e concludere la carriera. In Italia un Underwood non avrebbe cartucce per minacciare nessuno: siamo ormai abituati a onorevoli, anzi a Presidenti del Consiglio in carica, che organizzano festini con escort, impongono le amanti come consiglieri regionali, telefonano in questura per far rilasciare ragazze minorenni che esercitano la prostituzione, vengono condannati per evasione fiscale, sono pregiudicati e stanno lì, in tv, a fare compagna elettorale come se nulla fosse. Abbiamo onorevoli che hanno sottratto miliardi alle casse del partito, si sono comprati appartamenti, case, ville con i fondi elettorali e le donazioni, hanno intrattenuto alla luce del sole rapporti non con lobbisti ma con camorristi conclamati, e sono lì, felici ed intangibili, al loro posto.
Abbiate pazienza, ma in una nazione così, come la formuli una trama tipo quella di House of Cards? Non sta in piedi, non è credibile, perché ormai si sa che alcuni politici sarebbero rieletti pure se fosse accertato senza ombra di dubbio che passano il tempo a stuprare le nonne dopo aver rubato loro la borsetta con la pensione. Frank Underwood in Italia non avrebbe armi per combattere. Neppure lui può nulla contro Cetto La Qualunque.
Che tristezza non aver nulla da eccepire..:(
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L’ha ribloggato su L'arme, gli amori.
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Parlando con un amico che insegna letteratura italiana in America, gli chiesi come facesse lui a raccontare l’Italia visto che gli facevo notare che la nostra letteratura (e il cinema e la TV) non raccontano il paese.
Il perché i nostri “intellettuali” non scrivono della realtà è nel tradimento della loro missione di coscienza critica e di bambino che dice che disvela che il re è nudo.
Purtroppo si sono venduti, in gran parte all’ideologia e ai ricatti della chiesa comunista e di quella cattolica, e il resto agli editori e produttori (in bolletta) che certamente non vogliono che si parli dei traffici fra finanza e imprenditori senza soldi, e con l’obiettivo comune di fregare i risparmiatori.
E ritornando a F.Underwood, non mi pare che sia poi il peggiore di tutti.
Anzi, lui e sua moglie vogliono il potere ma non è mai definito qual’è lo scopo (che potrebbe anche essere nobile), mentre tutti gli altri vogliono il potere per cose meschine come il denaro o l’interdizione dell’avversario giusto perché è un nemico politico.
Frank Underwood è il Principe di Machiavelli, fin dalla prima scena, quando sopprime il cane.
Perchè chi guida una nazione fa i fatti e non i powerpoint.
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…comunque mi sa che Andreotti qualcosa con cuu ricattare lo trovava anche qui’
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Condivido pressoché tutto. La serie è ben fatta, e , se ambientata in Italia, risulterebbero obbligate le seguenti modifiche:
a) la moglie del deputato non avrebbe come amante un prestigioso e strafigo fotografo, bensì un palloso filosofo barbuto o, alla meglio, un tronista colpito da daspo e nipote di camorrista ;
b) il deputato come amante non avrebbe una giornalista grintosa molto carina, ma comunque giornalista grintosa, bensì una cafonazza ignorante molto carina, ma comunque cafonazza e ignorante;
c) il deputato cocainomane (Peter Russo) non avrebbe mai scrupoli né ripensamenti, né piangerebbe per avere ingannato gli elettori; anzi, affonderebbe ancor di più nella cocaina, piangendo solo per la mancanza di denaro da investire in nuove dosi, e dilapidando il poco rimasto in gratta e vinci.
L’unica possibile similitudine sarebbe lo staff dei sindacalisti: nella serie americana è composto da collaboratori coetanei o di poco più giovani del leader; in Italia sarebbe lo stesso, cariatidi circondate da cariatidi o poco meno.
Inchino e baciamano.
Ghino La Ganga
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@ghino: nella versione italiana la cafonazza amante del politico non farebbe la giornalista, ma, ancorché analfabeta, sarebbe messa a fare la conduttrice del tg in Rai o su Mediaset. Assolutamente introvabile, invece, il giornalista sfigatino ma tanto caruccio che persevera nelle indagini. Al primo tentativo di intervistare qualcuno sarebbe mandato ad occuparsi si incidenti stradali in viottoli del suburbio. Ma neanche gli verrebbe in mente di provarci, a fare un’indagine.
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E’ vero, ma in America si scandalizzano per queste cose e fanno scandalizzare…per coprire una politica estera che mette a morte centinaia di persone..SVEGLIA!!!
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@sonostanca: guarda, cara, se metti un commento che termina con “SVEGLIA!” già di per sè mi fai venire voglia di chiamare gli Americani in modo che ti bombardino. Ciao.
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Nel serial mica viene negata l’azione imperiale degli Stati Uniti.
Anzi, F.Underwood e signore sembrano proprio quegli imperatori e loro spose che tramavano per avere l’impero e tenerselo ad ogni costo, e Roma era molto feroce nel diffondere la civiltà latina.
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è davvero molto difficile paragonare il popolo statunitense con le genti che abitano la penisola italiana; io ho conosciuto una signora che era di doppia cittadinanza e viveva sei mesi in texas e sei mesi in liguria, nel corso dell’anno; mi diceva (è morta qualche anno fa) che è impossibile spiegare ad un americano come siamo fatti noi italiani e viceversa; c’è da dire che il figlio di questa signora, di professione medico, la mandava regolarmente in italia per gli interventi chirurgici che sono gratis mentre là si pagano; potrebbe in effetti essere interessante, come fa galatea, utilizzare un serial tv come strumento di paragone anche se, ho l’impressione, ella scriva, seppur con la sua bella penna, in un inchiostro di tinta pregiudizialmente antiitaliana; la verità è che non è facile giudicare, sono mondi profondamente diversi
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Allora eviterò questa serie perché mi manca solo di diventare dipendente anche da questo 😀 Quando ho visto gli ultimi due film di Albanese mi è venuta una grande malinconia appunto perché la sensazione a pelle è che ormai la realtà ha superato la finzione. Non c’è un solo personaggio impersonato da Albanese che non esista realmente 😦
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@–>Galatea
“non fosse che è pettinato come Berlusconi e gli somiglia pure vagamente”
Chiedi pubblicamente scusa Kevin Spacey.
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P.S. Spero si capisca che manca una a (a kevin Spacey)
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buone notizie, caro lector, puo’ essere allora che noi due, per Galatea (così poco fisionomista) assomigliamo vagamente a Brad Pitt
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@lector: l’hanno pettinato uguale, purtroppo, e il taglio d’occhi è simile. Poi Kevin Spacey trasuda fascino da ogni poro, ovviamente, e Silvio no.
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@–>galatea
“l’hanno pettinato uguale”
No, no, no, no, no, Gala!
Stai prendendo un granchio.
Berlusconi è pettinato così, non come Kevin Spacey.
Vuoi distruggermi un mito? Parlo di Kevin, ovviamente.
@–>Diego
Convengo con te che per Gala sia purtroppo giunta l’ora di recarsi dall’oculista.
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Su quale canale e’?
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@lucia: io lo vedo sul web in streaming, non so in tv su che canale lo diano.
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Ah, a proposito di serie tv sulla politica,
segnalo Borgen (produzione danese), LaEffe (bottone 50), in replica ora al martedì alle 21.10
E’ domani…
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ho letto diverse recensioni di questa serie e mi incuriosisce..la tua recensione non fa che aumentare la mia curiosita’
grazie dei post sempre molto interessanti (anche se il mio preferito finora resta quello su Didone 😉
O.
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Vuole una nuova forma di dipendenza? Si guardi Fargo. Siamo già alla terza puntata. Tocca guardarselo in lingua, ma è molto meglio così.
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“se metti un commento che termina con “SVEGLIA!” già di per sè mi fai venire voglia di chiamare gli Americani in modo che ti bombardino”
15 minuti di applausi! 😀 😀 😀
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Non conoscevo questa serie Tv, anche perché non la guardo mai. Però devo ammettere che nei due paragrafi finali hai centrato il bersaglio grosso di chui soffre l’Italia: politici inguardabil che fanno i loro sporchi traffci alla luce del sole, godendo di un’impunità senza limiti.
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Ho appena terminato di guardare in replica gli ultimi quattro episodi di House of Cards, che avevo perso.
Bello, avvincente, patinato e Kevin Spacey si conferma uno dei migliori attori contemporanei. Ma le cose vere sono assai più complicate. Nei rapporti reali la gente non reagisce quasi mai agli input come pensi reagirebbe una persona razionale. L’homo oeconomicus non esiste, per non parlare della donna. Così, per questo motivo, ciò che pensi debba andare in un certo modo, finisce che va sempre in maniera diametralmente opposta e ogni strategia necessita d’improvvisi e continui interventi tattici per poter mantenere un simulacro di rotta. Alla lunga, è una cosa che ti logora. Probabilmente è per questo che politici consumati come Andreotti erano degli specialisti nella simulazione d’un agire che invero operava perché tutto rimanesse sempre uguale. E’ un obiettivo assai più facile da gestire e garantisce meglio il potere, come dimostra la loro longevità politica, con buona pace di quelli come Renzi.
Tra la serie televisiva e il mondo della politica – e non parlo di Washington D.C. ma di qualsiasi sgangherato Consiglio Comunale d’un paesotto della nostra profonda provincia – c’è purtroppo lo stesso grado di realismo che esiste tra una bambola di gomma, per quanto di ottima fattura, e una donna vera.
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