Livio Andronico è considerato il fondatore della letteratura latina in quanto autore nel 240 a.C. Della prima tragedia in latino rappresentata a Roma.
L’immigrato che fondò la letteratura latina
I Romani antichi erano gente precisa ed organizzata, mica come quei casinisti dei Greci. Ragione per cui avevano una data certa per la fondazione di Roma (21 aprile 753) e pure una data certa per l’inizio della loro letteratura, cioè il 240 a.C. Non è dato sapere il giorno, ma contando che i Greci sapevano manco di preciso il secolo in cui Omero aveva dato inizio alla loro e nemmeno se Omero fosse esistito davvero, i Romani ritennero di aver vinto dieci a uno.
Invece l’iniziatore della letteratura latina era un personaggio ben reale. Si chiamava Andronico. Era un immigrato, probabilmente anche molto con le pezze al sedere.
Svetonio lo chiama semigraecus, che vuol dire mezzo greco. Era uno schiavo arrivato dall’Italia del Sud, e probabilmente diventò famiglio della gens Livia, una delle più importanti della Roma di allora.
Un insegnante per rampolli romani aristocratici
I Romani, ora che Roma si avviava ad essere una città egemone, per i loro figli volevano maestri che parlassero il greco, se non altro perché speravano che le nuove generazioni si togliessero di dosso quell’aria da provinciali parvenu fra le grandi potenze del Mediterraneo.
Andronico cominciò la sua carriera come insegnante per i rampolli Livi, e in particolare per quelli di Livio Salinatore. Siccome allora come oggi gli insegnanti li pagavano una cippa, per arrotondare si mise a tradurre dal greco in latino l’Odissea, perché quei grulli dei suoi alunni col cavolo che sapevano altrimenti capire cosa avesse detto Omero in lingua originale. Poi, siccome l’Odissea aveva avuto successo, decise di lanciarsi in qualcosa di originale e si mise a comporre tragedie.
Grazie all’appoggio di Salinatore riuscì a metterle in scena durante una delle feste principali di Roma antica, i ludi dedicati a Giove. Qualche anno dopo, visto che, onorato il marito, era meglio tenersi buona anche la moglie, la Res Publica gli commissionò un inno a Giunone.
Livio Andronico, l’inventore di Ulisse
Di Livio Andronico ci sono giunti solo alcuni frammenti, perché alla fin fine i Romani colti, una volta imparato il greco, preferirono leggere Omero e i tragici in lingua originale. Peccato, perché, da quanto si capisce, Livio Andronico fu decisamente qualcosa di più di un mero traduttore di talento. Le sue opere erano rielaborazioni originali, non solo per quanto riguarda la resa della lingua, ma anche perché allungavano e aggiungevano episodi, seguendo quello che doveva essere il gusto romano dell’epoca. Insomma Livio conosceva bene i suoi polli, adattava al suo pubblico trame e personaggi, era un uomo di marketing oltre che di letteratura.
Una cosa però il buon Livio Andronico ci ha lasciato. Se ancora oggi in Occidente Ulisse lo chiamiamo così e non Odisseo alla greca è colpa sua, che scelse la lezione Ulixes derivata dall’etrusco, più musicale per le orecchie latine. Ogni volta che parliamo del re d’Itaca quindi un po’ di Livio Andronico resta in noi.
A suo modo Andronico ha trovato anche lui una via per divenire immortale.
Livio Andronico non avrebbe fatto strada nella Italia moderna. Come lavoratore dei campi sì, per il resto dei lavori no.
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