Il 9 agosto del 48 a.C. Giulio Cesare sconfiggeva Gneo Pompeo Magno a Farsalo
Il momento che più mi colpisce, nel resoconto di Farsalo, non è una scena di battaglia. È quando Pompeo, ormai in rotta, si precipita verso il suo accampamento, incrocia lungo la strada reparti di legionari che fuggono alla rinfusa, attraversa le porte del campo e grida affannato alle vedette di resistere il più a lungo possibile, per dare il tempo a lui e al suo stato maggiore di mettersi in salvo.

Pochi minuti, poi Cesare e i suoi entrano nel campo. Le tende dei pompeiani sono vuote. Cesare cammina sulle zolle di erba fresca usate come pavimenti, guarda le brocche di argento e i piatti preziosi su cui si sono fatti servire la cena prima della battaglia, il tavolo attorno al quale i pompeiani si sono litigati come spartirsi le cariche dopo la vittoria, perché tutti volevano la sua carica di pontefice massimo, dopo averlo ucciso. E ride, pensando che a lui hanno sempre rinfacciato mollezze e corruzione, dicendo che andava in guerra portandosi dietro tappeti per foderare la sua tenda e pezzi della sua collezione d’arte per decorarla.

A Farsalo Cesare non è un generale, è un Dio della guerra, un demone feroce e spietato che gioca sulle debolezze di nemici che conosce bene. Colpisce come un cecchino dove sa di fare più male: inganna l’ex amico Labieno, ordina di mirare al viso dei giovani cavalieri pompeiani terrorizzati di venire sfigurati, insegue Pompeo, il suo ex genero, come un predatore fa con la selvaggina. Dopo mesi di campagna durissima in cui lui e i suoi hanno rischiato tutto, si sono cibati di radici, affrontato epidemie, fame, paura e sconfitte, non c’è più tempo per la pietà. Farsalo è una spietata resa dei conti in cui Cesare, in grande giocatore, osa il tutto per tutto. E vince, perché è quello che sa fare meglio.
Ps. A ottobre, preparatevi: arriva il “mio” Cesare. 🙂
la storia raccontata in pillole d’autore. Una vera artista della parola.
Speriamo che ottobre arrivi presto.
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