Non ricordo di aver mai pianto, davanti al telegiornale. Nemmeno il giorno delle Torri Gemelle: forse perché era troppo incredibile, allora, quello che si vedeva dagli schermi, e il senso dell’assurdo superava l’orrore.
Ho pianto stasera, vedendo le immagini dell’Ucraina, di Kyiv, dei bombardamenti, della gente che guarda le macerie delle sue case colpite, e aiuta a portare attorno agli edifici ancora in piedi sacchetti di sabbia, mentre in città mancano luce ed acqua, e l’assedio si stringe.
Si dice che studiare la storia aiuti a capire il presente, ad affrontarlo. Stavolta mi pare che sia il contrario.
Chi conosce il passato di fronte a quelle immagini prova un’angoscia doppia. Non è solo l’orrore odierno: arriva addosso tutto il peso di quello passato. Leopoli, Kiev, il Don, la guerra che doveva essere lampo, il nazionalismo, i dittatori senza contatto con la realtà, i sogni imperiali.
Li ho studiati tante volte, ma erano pagine di libri, e adesso invece sono qui, di fronte a noi, non sulle pagine, nella realtà. Ci si sente intrappolati in un loop temporale, una coazione a ripetere errori già visti, e che già sappiamo essere devastanti per tutti. E improvvisamente capisci quel senso di impotenza che deve aver attanagliato i nostri vecchi, i nostri antenati, nel 1917, nel 1939, la frustrazione di sapere che si sta correndo verso il suicidio e che non abbiamo alcun modo di fermarlo, di fermarci, di fare nulla.
Ho pianto davanti al telegiornale, perché la storia non insegna, non impara, forse nemmeno aiuta a capire: fa solo parte dell’inutilità del mondo, del tutto, di questo atomo opaco del male che gira nell’universo, con noi sopra, suoi parassiti.
(Foto: Ucraina 1899, tratta da Wikipedia)
Ogni tanto mi imbatto in un pezzo di letteratura: oltre a dire esattamente ciò che penso, lo dice in maniera straordinariamente bella. Complimenti, anche se, purtroppo, ho imparato da un po’ di tempo a piangere davanti al tg; magari anche davanti a qualche documentario… Salvo i cartoni animati – per ora. Mi piace molto quello che scrivi e come lo scrivi, non solo qui.
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sembra incredibile che cent’anni di storia non abbiano insegnato nulla. È come se il tempo non fosse esistito, svanito.
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