Allora, Anastasio Dicoro è stato uno degli imperatori romani d’Oriente più furbi della storia.
Era arrivato al trono in maniera fortunosa, senza essere eletto davvero né dal popolo né dal Senato. Il fascinoso Anastasio, colto, elegante e con due pupille di diverso colore (Dicoro vuol dire questo) era infatti il silenziario, cioè il segretario personale, dell’imperatrice Ariadne, figlia di Leone I e moglie dell’imperatore Zenone. Ariadne era in pratica la vera imperatrice per diritto di nascita e il marito Zenone era divenuto imperatore sposando lei. Ma il matrimonio non funzionava, e il bell’Anastasio si infiltrò nel cuore e probabilmente anche nel letto dell’imperatrice, che in questa storia ha un po’ il ruolo di un Mattarella al femminile.
Fatto sta che ad un certo punto Zenone ebbe un ictus, improvvisamente. Qualche fonte dice che si sarebbe anche ripreso , se Ariadne, andata a visitarlo, non avesse provveduto a chiudere ermeticamente la sua bara e farlo seppellire così, ma non sottilizziamo.
Fatto sta che una volta rimasta vedova, Ariadne mise in chiaro le cose con il Senato e il popolo: il prossimo imperatore lo avrebbe scelto lei, sposandoselo. E si scelse Anastasio.
Anastasio quindi non aveva avuto alcun consenso e alcuna investitura popolare effettiva: messi di fronte al fatto compiuto, Senato e popolo avevano dovuto abbozzare.
Che poi Anastasio come imperatore non era nemmeno male: era un contabile attento alle finanze, proteggeva mercanti e imprenditori, da bravo funzionario dell’impero era sempre abile a reggere i fili dell’amministrazione, aiutato dal fatto che l’uomo era freddo ma charmant, e bravissimo a fregare la gente con un sorriso blasé . Ma non era amato, perché questa cosa che in fondo nessuno l’avesse scelto gli rimaneva addosso come un marchio indelebile.
Ad un certo punto, per una somma di fastidio personale e controversie religiose, il popolo di Costantinopoli si ribella, e Anastasio se la vede brutta, perché stavolta sembra che lo vogliano proprio fare fuori. Ma lui, da quel meraviglioso animale politico che è, mantiene il sangue freddo. Con mezza città messa a ferro e fuoco, un generale barbaro alle porte e il caos che incombe, convoca il popolo al Circo e qui, con un discorso magistrale, ribalta la situazione. “Ah, non mi avete eletto? – dice- Bene, ecco la corona, ecco lo scettro, ecco il mantello regale: sono vostri, dateli voi a chi vi piace di più, però subito, perché non potete rimanere senza governo in un momento del genere o rischiate la rovina.” E intanto li guarda, freddo e calmo, con le sue pupille di diverso colore. E siccome quelli tacciono, dice: “Ah non avete nessuno? E allora facciamo così, mi ridate la corona, e lo scettro, e da questo momento sia chiaro che governo perché mi avete scelto voi, e nessuno mi rompe più il cà”.
Non l’ha detto proprio così, ma il succo era questo.
Che, in buona sostanza, è quello che probabilmente voleva fare Draghi. Solo che Anastasio Dicoro certe cose le sapeva fare innegabilmente meglio. O forse perché la Roma di oggi è più incasinata di Costantinopoli allora, i bizantini di cui si parla tanto male erano comunque più svegli di noi moderni, e Ariadne, non ce ne voglia Il povero Sergio, gli uomini li sapeva scegliere più furbi di Mattarella, ecco.
E se volete conoscere meglio questo periodo, vi segnalo i miei due libri su Teodora, (Teodora la figlia del Circo e Teodora i demoni del potere), perché in periodo di crisi gli autori di romanzi devono pur campare, e alle volte le storie del passato illuminano anche sui personaggi del presente, eh.