È feroce, crudo, disperato e bellissimo, Blonde, il film su Marilyn Monroe. Non è un film storico, e nemmeno una biografia.
Blonde èmuna favola nera, in cui la bella principessa bionda non viene salvata da nessuno, e anzi sembra che coloro che le stanno attorno facciano di tutto per trascinarla nel baratro. I particolari possono essere inventati e rimaneggiati, ma il ritratto impietoso di un’epoca c’è tutto, ed è perfetto. Hollywood, la bella cornice dei sogni patinati, è descritta come l’inferno che era.
Un luogo dove violenza, ricatti, molestie e cinismo si fondono per la necessità di produrre, e gli attori sono stritolati da un meccanismo che è quello delle peggiori multinazionali capitaliste, in cui l’individuo viene spremuto fini all’osso per generare profitti.
E Marilyn è li, in mezzo a tutto questo, con le sue fragilità di ragazza troppo bella, troppo sexy, e per questo continuamente sottostimata come donna, come attrice, come essere umano. Una bambola non può avere un cervello, leggere, ragionare. Una bambola serve per i giochi, sia che i giocatori siano i produttori, il pubblico, gli scrittori famosi, i presidenti degli Stati Uniti.
Intrappolata in questa sorte, estranea a se stessa e al posto in cui vive, Marilyn attraversa la sua vita trasognata e poi stordita dall’alcol e dalle pillole.
Come gli antichi cavalieri cercavano il Graal lei cerca la sua autostima, qualcuno che la riconosca per ciò che è. E non lo trova, perché anche chi le vuole bene la sottovaluta, pensa di doverla guidare, instradare, comandare: non amare, ma esercitare su di lei una forma di controllo per farla assomigliare all’idea che di lei ha in testa.
Non è una bambina smarrita, Marilyn, è un essere umano che non viene riconosciuto e rispettato mai, da nessuno. Una bambola, sì, con gli arti spezzati, messa sul letto per arredare le case altrui. È che alla fine se ne va, in punta di piedi, scalza, nuda, sola su di un letto, perché forse era quella la sola forma di ribellione che poteva esercitare.
Gran bella recensione di questo film che parla di Marylin ma in realtà è un atto di accusa contro un sistema, quello della celluloide, che stritola tutto e poi getta quello che resto nella discarica
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