Cleopatra, Netflix e il problema della rappresentazione tv.
Premesso che della nuova serie Netflix “Queen Cleopatra” nessuno ha ancora visto nulla salvo il trailer, diciamo che già quello qualche problema dal punto di vista storico lo pone.
Queen Cleopatra, chiariamo, non è un serial tv di fiction: viene presentata come una docufiction, quindi come un documentario in cui ampie parti vengono affidate da recitare ad attori che interpretano personaggi e scene ricreate con dialoghi. Però una docufiction è comunque un documentario nell’impianto, e quindi l’accuratezza storica che viene richiesta è la massima possibile.
E già il trailer fa venire abbastanza i brividi.
Cleopatra, tanto per cominciare, è impersonata da una attrice di colore. Ora, quello di usare attori di svariate etnie per impersonare ruoli che un tempo (altrettanto arbitrariamente, spesso)sarebbero stati dati ad attori wasp è una politica di Netflix.
Per le fiction la cosa suscita spesso polemiche, ma può essere giustificata con il fatto che appunto la fiction di per sé è un’opera di fantasia, e quindi come un tempo i ruoli femminili erano affidati ad attori maschi (nella tragedia greca, Sofocle era apprezzatissimo interprete delle parti femminili, ad esempio), e addirittura ai primordi del cinema attori bianchi venivano truccati per fare la parte di afrodiscendenti, e che per anni le compagnie teatrali formate dalle minoranze non bianche negli USA hanno fatto interpretare Giulio Cesare o le eroine bibliche a persone di ogni tipo di origine, la polemica tutto sommato lascia il tempo che trova, e anzi il fatto che attrici e attorə di minoranze possano interpretare oggi ruoli da protagonisti che un tempo sarebbero stati loro negati solo per un pregiudizio razziale è qualcosa di positivo, a mio personale avviso.
Ma qui siamo in una docufiction, appunto, e Cleopatra no, non era afrodiscendente. Era discendente della famiglia macedone dei Tolomei, e, a dire il vero, già è arbitraria la tipica rappresentazione dell’arte o del cinema che la propone con occhi e capelli neri: i macedoni sono molto più facilmente biondi o castani con gli occhi chiari (lo stesso Alessandro Magno, che di Tolomeo di Lago era parente e forse fratellastro, era castano con gli occhi chiari).
È vero che Cleopatra era in realtà figlia di Tolomeo Aulete e di una concubina indigena, che secondo alcune ipotesi sarebbe stata a sua volta figlia di un alto sacerdote egiziano, quindi non greca. Ma resta il fatto che la popolazione egizia NON era nera. Quindi rappresentare Cleopatra come una afrodiscendente non è corretto dal punto di vista storico.
Allora perché? Perché la figura di Cleopatra è storiograficamente complessa e viene riutilizzata da millenni. Esiste soprattutto negli USA un filone di interpretazione storiografica portata avanti da attivisti delle comunità di afrodiscendenti che da anni si batte, anche giustamente, per rileggere la storia Africana e dimostrare che il continente e le sue popolazioni hanno creato fin dall’antichità grandi regni e imperi potenti. Spesso, però a torto, anche l’Egitto viene usato come dimostrazione di ciò.
In Egitto in effetti vi fu anche una dinastia di Faraoni neri (la XXV dinastia al potere fra il 780 e il 656) ed erano di origine nubiana. Ma questi non hanno nulla a che fare con i Tolomei da cui discendeva Cleopatra.
Una delle testimonianze riportare nel trailer (quella di una anziana signora di colore che non so chi sia perché non viene riportato il nome), dice “non credere a ciò cha ti hanno insegnato a scuola, Cleopatra era nera!”. Il che, e spero che nel documentario questo emerga, è una testimonianza appunto di questa rilettura etnica della figura della regina, ma, dal punto di vista storiografico, non è corretta.
E a voler fare ancora più i pignoli, a dire il vero, c’è persino qualcosa di ancor più fastidioso di una Cleopatra nera nelle scene della serie di Netflix. Cioè Cesare biondastro e con gli occhi azzurri (ragazzi, era stempiato, ma moro, e con gli occhi neri) e Marco Antonio longilineo (era massiccio come in gladiatore) e con la barba. Cosa che un ufficiale romano del I secolo a.C. non avrebbe tenuto mai.
E io la Cleopatra nera possa anche passarvela, ma i miei due eroi rappresentati così no, ecco.
Ho apprezzato parecchie cose del tuo articolo, non ultima l’uso di “afrodiscendenti” al posto di afroamericani (termine odioso e poco accurato). Stiamo assistendo ad una rilettura sistematica della Storia forse anche a causa di un diffuso senso di colpa nei confronti di coloro che un tempo (purtroppo non lontano) sono stati vittima di politiche diffuse lungo tutta la Storia umana. In fondo se non erro erano proprio i Latini ad affermane “homo nomini lupus”.
Questo trend in rilettura mi ricorda vagamente un arbitro che resosi conto di aver commesso un errore cerca di compensarlo commettendone un altro in direzione opposta, ma invece di ottenere giustizia si ritrova con due errori. Cleopatra era verosimilmente “mixed race”? molto probabile, ma di certo non era “nera”. (uso nera come useri bianca…). Cesare di certo non era biondo e Marco Antonio non era un fighetto (come hai giustamente rimarcato tu), con quella caratterizzazione sono entrambi “Anglo-something” e questo fa bene all’audiens.
Temo che oggi si confonda il concetto di “Diversity” con quello di “agende politiche varie”. In una società (per fortuna) sempre più eterogenea (almeno dal punto di vista etnico e raziale) magari è bello ricordare uno dei concetti del primo Star Trek, IDIC: infinite diversità in infinite combinazioni (Infinite Diversity in Infinite Combinations).
Una balla invece rimane una balla, soprattutto se detta per vincere le elezioni
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Grazie, leggerla è sempre interessante piacevole
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