Nel giorno in cui torna a farsi sentire l’appello perché l’Italia si doti di una strategia digitale e dopo una settimana in cui Governi di Stati a noi geograficamente vicini hanno spento e riacceso reti e social network a singhiozzo per tentare di arginare rivolte di piazza, viene spontaneo farsi qualche domanda, anche se in modo poco organico.
- Internet e la rivoluzione: Massimo Mantellini, in un bel post dell’altro giorno, ha ben sottolineato i limiti della rete in caso di rivoluzione. Che sono di diversi tipi: tecnici, economici e legati a quello che potremmo definire “l’immaginario collettivo”. Le tre cose sono indissolubilmente intrecciate le une alle altre, e noi di questo forse non ci rendiamo ben conto.
- I limiti tecnici della rete sono, appunto, che si tratta di una rete. La quale per esistere ha bisogno di energia, cavi, connessioni. Se un governo taglia o limita quelle i rivoluzionari, per usare un termine ancora più tecnico, sono fottuti. Una rivoluzione che corre solo sui cavi come unico strumento di comunicazione di massa si ferma con un tronchesino.
- I limiti economici, fin qui a mio avviso un po’ sottovalutati nell’entusiasmo di questi anni, sono che i Social Network, i motori di ricerca, le piattaforme per blog e tutte quelle belle cose che noi usiamo come se fossero roba nostra molto semplicemente non lo sono. Sono compagnie commerciali che nascono per guadagnare, se non direttamente sui contenuti che noi immettiamo in rete, almeno indirettamente. Alle compagnie interessa poco o nulla del contenuto singolo che noi immettiamo nel momento in cui le cose sono tranquille (a meno che da questo non scaturisca per loro un pericolo di cause civili o penali), ma nel caso di turbolenze, rivoluzioni o repressioni da parte dei Governi le compagnie ragionano, giustamente, da aziende. Per cui, se ricevono l’ordine di chiudere dal Governo ufficiale ed in carica, lo fanno, e tanti saluti alla Rivoluzione. Una rivoluzione riesce se sei in grado di camminare sulle tue gambe, se hai bisogno di un passaggio da qualcuno che ha la macchina fa poca strada.
- I limiti dell’immaginario collettivo. Si parla dell’immaginario collettivo dei “digitalizzati”, ovviamente. I quali per anni han sognato rivoluzioni “non violente”, una sorta di gandismo digitale, per cui scendere in piazza, rischiare le botte, gli arresti, far le barricate nei vicoli sarebbe stato sostituito da grandi sollevazioni di masse nel tinello di casa propria, il “popolo del like”. Solo che i Governi – e le esperienze del Popolo Viola da noi lo dimostrano – del like e delle compunte manifestazioni di piazza supportate da centinaia di migliaia di pacifici banner se ne strafregano. È la piazza vecchio stile quella che fa loro paura, quella che non usa twitter ma va ancora di ciclostile, però scende nelle strade, si becca le legnate, le dà. Nel XXI secolo come ai tempi di Luigi XVI gli intellettuali allo scrittoio van bene, ma poi ci vuole la gente che va ad assaltare la Bastiglia, anche se non ha mai letto un tweet di Voltaire.
- Se i Governi capiscono come funziona la rete, la bloccano. Se c’è una cosa da notare, nella situazione attuale, è che i Governi, che fino ad oggi nel Mediterraneo e persino a casa nostra, han lasciato la rete vegetare in maniera quasi distratta, non accorgendosi proprio o non prestando caso ai suoi sviluppi, non appena le cose si sono fatte pericolose hanno agito in fretta ed imparato subito. Se l’Iran non ha bloccato Twitter, e la Tunisia si è fatta prendere alla sprovvista, l’Egitto ha reagito prontamente – per quanto non capendo subito che bisognava bloccare anche Youtube- e la Siria ha agito in preventiva, facendo tesoro delle esperienze altrui. Ma se i Governi imparano in fretta, anche la rete deve trovare subito la maniera di reagire. Infatti già l’altro giorno sui social network diversi utenti si ponevano la domanda se si possano costruire, tramite wifi, smartphone e collegamenti vari, reti alternative che il Governo, in caso di sollevazione, non possa riuscire a bloccare. La risposta è sì, almeno per quanto riguarda piccole reti cittadine che possono veicolare informazioni poi riversabili sulla “grande rete” non appena si trova un punto di accesso non controllato.
- Quindi, per trarre qualche conclusione al discorso: la rete odierna è libera, finché ce la lasciano usare, e faremmo bene a tenere sempre conto che è come se pedalassimo su una bicicletta non nostra, che in qualsiasi momento il proprietario ci può portare via; spesso la censura da parte dei Governi repressivi non viene usata non perché non sia possibile, ma perché non è economicamente conveniente quando le cose sono tranquille. Quando scoppia il caos, invece, non c’è economia che tenga: spengono tutto, e le compagnie commerciali, che devono sperare di lavorare nel paese anche nel caso la rivolta fallisca, si adeguano. Si possono costruire reti alternative parziali, usando le competenze tecniche delle avanguardie digitali, ma saranno sempre difficili da mettere in piedi e limitate. Però sarebbe meglio pensarci per tempo (non solo in caso di rivolte, eh, pensate anche a grandi disastri, etc.). E comunque gran parte della gente che andrà materialmente in piazza non avrà né twitter né facebook, ma leggerà solo i cartelli, i volantini, sentirà di discorsi degli oratori improvvisati che montano sui tetti delle macchine. Per fare le rivoluzioni l’unica cosa veramente necessaria è il popolo, tutto il resto no.
condivido pienamente. La rete e’ uno strumento straordinario di informazione alternativo e di comunicazione non filtrata. Posso tranquillamente affermare che senza facebook avremmo portato molta meno gente in piazza questo autunno e saremmo stati comunicativamente inefficaci.
Pero’ a Padova la piu’ grande manifestazione l’abbiamo fatta entrando aula per aula e invitando gli studenti a uscire (chi voleva, senza interrompere le lezioni).
Aggiungo che una volta costruite le relazioni e le forme organizzative la rete diventa solo uno strumento, non e’ cio’ che ci tiene in vita.
Se domani il governo oscurasse internet io saprei benissimo dove andare, chi incontrare e avrei anche chi mi ciclostila i volantini senza possibilita’ di controllo.
Anche sul nostro movimento studentesco si e’ fatta molta retorica internettiana, ma la realta’ e’ sempre piu’ concreta di come la rappresenti repubblica 🙂
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rovesciando il ragionamento: una rivoluzione che si faccia bloccare dal down di internet non è una cosa seria. Credo ci sia molto compiacimento da parte di media old e new nel parlare del ruolo della tecnologia informatica in situazioni di rivolta o protesta contro il potere, temo che si tratti soprattutto di marketing.
Ciò non toglie che si possa fare un uso utile ed intelligente dei social network, senza mitizzarli e soprattutto senza pensare che possano sostituire la presenza fisica, come dici giustamente.
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infatti il “manuale per la rivolta” egiziano è stato diffuso su carta e a mano, e c’è stato molto riserbo da parte di chi ha appoggiato la rivolta a diffondere su internet le pagine tratte da quel manuale, per non avvantaggiare la repressione.
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@demopazzia: I manuali che danno istruzioni per fare le rivolte è meglio farli girare a mano. i fogli di carta lasciano meno tracce degli IP. Del resto i Boss usano i pizzini. Sono meno intercettabili delle mail. 🙂
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Dimostra come il sangue e le barricate sono gli unici strumenti accettati dalla storia. E’ amaro dirlo, ma il pacifismo spesso detta le leggi del conservatorismo. Pochi sono stati i casi, peraltro magistrali, come quelli di Gandhi e di M.L. King.
Il diritto internazionale, in particolar modo in questi casi, fa riferimento al principio di effettività. Situazioni fittizie, di opposizione formato ‘Internet’ non sono nemmeno calcolate.
Quello che mi risulta controverso è invece la posizione dell’Europa, in particolar modo con l’attuale Alto rappresentante Ashton. Dove sono prese di posizione chiare e adamantine?
L’Europa non dovrebbe essere la guida della democrazia o semplicemente guida di un benessere esclusivo?
Propongo un mio articolo, molto più di teoria, però
http://vongolemerluzzi.wordpress.com/2011/01/31/il-pane-della-rivoluzione/
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è vero galatea, l’internet è molto fragile, e illude
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Internet, intesa come protocollo TCP/IP è in realtà molto difficile da bloccare, una connessione si riesce a tirare su via modem telefonico, via satellite, con ponti radio o piccioni viaggiatori. Ed ovviamente posta elettronica e newsgroups funzionano anche senza IP, volendo, ma in commutata.
La roba fighetta con i boghz, gli ifon ed blechberri e feissbuch mi sa di no.
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Succede continuamente: si organizza una mobilitazione su un tema, una serata di presentazione di un libro, un volantinaggio o una manifestazione: su facebook si contano decine e decine di simpatizzanti, che sicuramente verranno con un amico o con il moroso…poi viene in momento e in strada ci si trova i soliti quattro gatti noti. Ma la colpa non è di facebook…la massa si muova solo quando sta per morire di fame, oppure quando ha appena smesso di morire di fame. E in Italia non ci siamo ancora arrivati…
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