L’estate precaria

La spiaggia, quest’anno, è in sordina, perché il tempo è quello che è. Difficile riuscire a restare un giorno intero, e persino quando si è lì, al sole, godendo lo sprazzo di luce che regalano le nuvole, si è sempre guardinghi, a scrutare l’orizzonte per cogliere i presagi di un incipiente temporale. Così si vive al momento, con gli asciugamani pronti ad essere arrotolati e rimessi in borsa, e le passeggiate che si fanno più corte per l’ansia di poter tornare indietro in fretta, mentre i bagnini non tolgono nemmeno la maglia e spiano, dalla loro torretta, non tanto il mare ma il cielo.

Si coglie l’attimo di sole quando arriva, e per quanto dura, e la spiaggia è fatta di sdraio vuote e di ombrelloni che nemmeno vengono aperti, di bagni fatti in fretta fra un piovasco e l’altro, di vaporetti che si riempiono per esodi improvvisi alle prime gocce di pioggia, di ritorni a casa sotto il temporale.

E’ un’estate incerta in cui non si sa quello che verrà dopo, ma nemmeno quello che succede nel durante, sospesa in una primavera non finita ed un autunno che scalpita per arrivare. Non riesci a mettere via le preoccupazioni dell’anno passato, perché lo senti ancora là, e senti già il fiato sul collo di quelle del futuro.

E’ un’estate precaria, e come tutti i precari non conosce stacco: fluisce da qui a là, ma senza raggiungere nulla, e forse senza scopo. Non è una pausa, è un loop. E forse per questo è l’estate più adatta al Paese.

2 Comments

  1. manca quel sole forte che cauterizza le ferite, arriveremo all’autunno senza esser nuovi, la vera fine del mondo è proprio la mancanza del nuovo inizio

    dove sono finite quelle belle estati dove gracchiava nel mangiadischi «un pugno di sabbia»?

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