Questo è il solito post in cui mi stupisco che sia tornata la primavera.
Succede ogni anno, sia che torni la primavera sia che noi ci stupiamo. È come se dopo il lungo inverno grigio ci sembri impossibile che la Natura – pàffete! – si svegli come se nulla fosse, di sua spontanea volontà. In un mondo in cui controlliamo tutto, e in cui lo scenario in cui ci muoviamo è una quinta artificiale di case e palazzi costruiti da noi e di ambienti che abbiamo progettato e tirato su, è strano e spiazzante che invece ci sia qualcosa che non controlliamo, che ci sfugge.
La primavera è come un colpo di fulmine: arriva. Il giorno prima sei intabarrato nel tuo piumino e giuri su tutti gli dei che mai mai mai lo toglierai, e il giorno dopo ti svoltoli dalle sciarpe, lanci i maglioni, sogni di togliere le scarpe e correre a piedi nudi su un prato. il tepore ti coccola e ti seduce, ti spinge piano piano ad abbandonarti per una mezz’ora su un muretto assolato, a sederti pigro sui gradini di una chiesa, a fermarti a chiacchierare su una panchina o prendere un caffè seduto per goderti uno sprazzo di luce.
La primavera è il tripudio delle piazze, ma anche dei poggioli e dei cortili, e ogni balcone si sente un piccolo giardino all’italiana, un frammento di Arcadia regalato ai mortali, e basta una pianta di basilico o di mentuccia per sentirsi una ninfa dei boschi come una antica dea. È il momento in cui l’aria sa di buono persino quando è piena di smog, perché sul fondo di benzene ci indovini comunque un profumo di fiori appena sbucati e di erbe aromatiche. E la primavera dilaga, là dove meno te la aspetti, non c’è cemento o fretta che la possa fermare. C’è e basta, puoi solo seguire il flusso, godere il suo meraviglioso imprevisto, lasciarti travolgere e portare dove vuole lei.
Come l’amore. Ma forse è la stessa cosa.