Carlo Magno, ovvero la brava casalinga dell’impero

Lo ricordano tutti come un grande guerriero, ma Carlo Magno, primo imperatore del Sacro Romano impero, forse aveva più il sano buon senso di una brava casalinga

Carlone, Carlone nostro.

C’è qualcosa di simpatico in Carlo Magno, che va al di là del personaggio e degli eventi storici. Perché Carlo Magno re dei Franchi ha nell’immaginario collettivo questa anda da re bonaccione: più che il fondatore e padre dell’Europa sembra il suo vecchio e simpatico nonno.

Che fosse abbastanza simpatico e alla mano lo confermano le fonti ufficiali e i suoi biografi (come Eginardo, che però, va detto, era un pelino di parte): era di gusti semplici, a corte non se la tirava, pare che per essere un re Franco e all’inizio del Medioevo, fosse persino dotato di un certo bonario senso dell’umorismo. Non era facile del resto vivere in una famiglia come quella dei carolingi, che quanto a litigiosità e ripicche personali non erano secondi a nessuno. Il padre Pipino, un soldo di cacio ambizioso, aveva fatto le scarpe al suo stesso re, facendosi incoronare dal Papa; la madre Bertrada era anche quella una buona lana, sempre ad intrigare nei corridoi della corte; il fratello minore, Carlomanno, era ambiguo e malmostoso.

Lui era un principe franco così barbaro che da piccolo gli avevano insegnato a menare con le armi ma a scrivere no. Ci soffrirà sempre tantissimo per questa cosa. Eredita dal padre Pipino mezzo regno, un fratello rompipalle e una questione aperta con i Longobardi, per via del Papa. Che poi lui con i Longobardi avrebbe anche risolto sposandosi la principessa Desiderata, o Ermengarda, o come diavolo si chiamava quella povera figlia che nelle fonti nemmeno ha diritto ad un nome. Ma poi la politica ci si mette in mezzo, e gli tocca ripudiarla, e fare guerra al suocero. Guerra, poi, che guerra non è, perché il povero Desiderio si chiude a Pavia e lo prendono per fame: Carlone nostro, il grande guerriero, in realtà è uno che si limita ad attendere.

Santo, statua di età carolingia, Musei di Brescia

Carlo si prende il regno dei Longobardi, o meglio quello che può, perché poi anche lì, lascia in carica metà dei duchi, e il cognato Adelchi, quello che Manzoni fa morire da eroe, nella realtà si rifugia tranquillo a Costantinopoli. Per farsi incoronare imperatore è un braccio di ferro con il Papa, anche se nessuno lo dice. Ma i due che sembrano tanto ciccì e cocó in realtà si sono sempre controllati a vista, perché col papa, come spesso con i preti, pare che si parli si religione e poi si finisce invece sempre a contrattare di terre e di soldi.

Decorazione romana riutilizzata in età longobarda come probabile sarcofago di Ansa, moglie di Desiderio, suocera di Carlo Magno e ultima regina dei Longobardi

Pure quella cosa dell’impero da rifondare, Carlone aveva provato a risolverla in maniera diversa, sposandosi Irene, l’imperatrice bizantina, che era pure bella, e unificando le corone come piaceva a lui: a letto.

L’impero in realtà non lo fonda: ha il titolo e il potere, ma mettere ordine in quel guazzabuglio di territori e di potentati locali non gli riuscirà davvero mai. Ci prova a omogeneizzare tutto, e non è facile, perché nessuno sa leggere e scrivere, i bei funzionari romani formati un tempo per l’amministrazione non ci sono più, e lui si ritrova bestemmiare con quattro zotici di feudatari che non sono ignoranti come ceppi di legno e litigiosi e con il resto del popolo che manco sa più il latino. Fondalo, cazzarola, un impero così.

Ma lui ci prova, perché è testardo e anche se i francesi non lo dicono mai, crucco di origine. Si organizza una corte di intellettuali, cerca di spandere un po’ di cultura e mettere quattro concetti in croce (nel senso letterale del termine) nella capoccia dei Franchi, tenta persino di imparare a scrivere, con scarsi risultati. Si arruffiana monaci e preti perché gli sono utili, anche se poi nella vita privata continua a fare come vuole, cioè via con la caccia, le donne e la buona cucina.

La sua corte è un caos, con le figlie che si tengono gli amanti in casa, i figli ogni due per tre provano ad organizzare rivolte, i nipoti che Dio ce ne scampi. E lui lì, a tenere botta, Carlone. Una roccia, un baluardo.

Quando morirà in poco tempo gli eredi manderanno tutto a rotoli, e si capiva. Ma a lui, Carlone, va riconosciuto il merito di averci fortemente provato e di esserci riuscito a mettere un po’ d’ordine in un pandemonio che fino da allora era l’Europa, come una brava massaia che si ostina a mettere ordine nel guazzabuglio di casa, fa quadrare il bilancio, costringe i figli a studiare per avere un diploma, mette in riga parenti rompiscatole.

Lo ricordano tutti come un guerriero, Carlone. Ma in fondo aveva lo spirito di una accorta casalinga

2 Comments

  1. Buongiorno cara Galatea! Scusami ma c’è un refuso strano dove il povero Carlo ha a che fare con quei quattro zotici dei feudatari… Mi sa che è saltata una mezza riga!
    Comunque grazie, e oggi festeggeremo degnamente il genetliaco del buon Carlone. Auguri! ; )

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  2. Le fonti ci dicono che Carlo Magno decollavit 5000 sassoni. L’amanuense invece di delocavit erroneamente potrebbe aver scritto decollavit, quindi Carlo Magno non uccise ma trasferì da un’altra parte i prigionieri, non lo chiameremmo sanguinario come spesso gli storici più superficiali lo definiscono.

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