Quinto Sertorio, il ribelle che voleva esportare Roma

Sertorio, il ribelle sfregiato che voleva “esportare” Roma.

Ė uno dei miei personaggi romani preferiti, lo confesso. E meriterebbe di essere più noto, perché prima di Cesare ci fu lui, che intuì prima e meglio dello stesso Mario cosa doveva diventare Roma per essere davvero quell’impero universale che poi diverrà.


Nato in Sabina, figlio unico di madre vedova e forse anche iperprotettiva, tentò la fortuna come avvocato, ma presto capì che erano i campi di battaglia il suo destino. Mario amava i giovani coraggiosi e svegli, e se ne fregava delle loro origini. Sertorio militò sotto di lui, rimediando in battaglia una bella cicatrice e tanta esperienza.
Non solo militare. Quello che capì combattendo fianco a fianco con gli alleati è che Roma doveva diventare la casa di tutti, perché non tutti nascono romani ma tutti possono diventarlo. Il primo impero romano davvero universale è nato nella testa di questo giovane sveglio.

Quando Mario muore e Silla si avventa contro Roma, Sertorio è al fianco del pomposo Scipione, che ha un gran cognome ma poco cervello, e infatti si fa fregare nonostante Sertorio lo avesse avvertito che Silla gli stava corrompendo gli uomini sotto il naso.
E allora scappa, ai confini del mondo, in Spagna. I nemici non gli danno tregua, ma lui si allea con le tribù locali e non dà vita ad una ribellione, ma ad un sogno. Una Roma lontana da Roma, con un senato e scuole dove gli indigeni imparano il latino e indossano la toga. È un grande globalizzatore, e la sua Spagna è qualcosa di mai visto e realizzato prima. La dimostrazione che l’integrazione conquista più che la guerra, e se dai alla gente pace e diritti ti ė grata e ti rispetta senza che tu debba esercitare la violenza.

Giulio Cesare

Non sono infatti gli indigeni a tradirlo, farlo cadere ed ucciderlo, sono gli invidiosi romani del suo staff. Quelli che lui, come Giulio Cesare, nomina invece grato nel suo testamento. Tanto che persino i barbari a quel punto si ribellano e li schifano, preferendo trattare con Pompeo e tornare sotto il controllo di Roma.
Muore senza essere stato mai sconfitto, e lascia in Spagna un così buon ricordo che qualche anno dopo un altro giovane questore e poi pretore verrà in quella terra a fare la gavetta, e ne tornerà cambiato, pronto a conquistare il mondo e a cambiare Roma in un modo che a Sertorio sarebbe piaciuto assai.

Pompeo Magno

Il giovane pretore si chiamava Giulio Cesare, e la sua storia l’ho raccontata nel mio Cesare, l’uomo che ha reso grande Roma, Giunti editore.