Oggi post che poco ha a che fare con la storia, o forse sì.
Io con i giovani ci lavoro. Da vent’anni e più. Per cui, nel mio piccolo, e sulla base di una esperienza personale, una qualche idea me la sono anche fatta.
I giovani, tanto per cominciare, spesso non esistono. Sono un insieme di individui accomunati dall’età e forse da alcune abitudini, che però variano moltissimo in base al luogo geografico e soprattutto alla classe sociale. I giovani come tutte le categorie sono una semplificazione mentale, un’idea platonica che non ha vera consistenza, sono un gatto di Schrödinger che è vivo e morto assieme e soprattutto di cui non sappiamo granché.
Fatta questa premessa, i giovani di cui parliamo sono una proiezione di noi adulti, che cerchiamo di farci una ragione degli strani comportamenti di questi esseri con cui abbiamo a che fare e che sono tanto diversi da noi anche se quasi sempre siamo noi che li abbiamo messi al mondo e allevati.
Noi adulti i giovani sotto sotto li detestiamo. No, non è invidia perché loro sono più giovani, e noi non lo siamo più. Il passare dell’età si accetta, più o meno. Quello che odiamo nei giovani è questo fatto che noi li abbiamo cresciuti, allevati, curati, gli abbiamo spiegato il mondo perché diventassero una nostra copia conforme. E loro di conforme a noi invece hanno poco, spesso nulla. Quando erano piccoli erano così carini! Ci guardavano come punto di riferimento, bene o male obbedivano e si uniformavano alle nostre regole e ai nostri ritmi, erano per forza di cose un nostro prolungamento e una nostra estensione, e poi paffete! Di punto in bianco diventano giovani, questi ingrati: pensano per conto loro, vogliono fare le cose in una maniera diversa, hanno i loro gusti, le loro abitudini, i loro amici, i loro sogni. Diventano, in pratica, degli esseri umani. E noi, gli adulti, scopriamo di essere non solo vecchi, ma anche molto soli.
I giovani ragionano con parametri propri. E noi adulti ne siamo indispettiti. Ma dobbiamo accettare che è un problema nostro, non loro. I nostri parametri, valori, modi di spiegare il mondo sono la nostra griglia, che ci siamo formati per comprendere il tempo nostro e la società nostra. Possiamo spiegarla ai giovani e magari consigliarla per risparmiare un po’ di tempo, ma dobbiamo accettare il fatto che loro non la adotteranno mai in toto: la modificheranno o la butteranno via, ed è giusto così, perché è quello che abbiamo fatto anche noi. Ci fa soffrire? Sì, perche quella griglia siamo noi, e ogni volta che loro la modificano o la rifiutano sentiamo una stilettata nel costato, come se rifiutassero noi, la nostra più profonda essenza, la nostra identità.
Di solito noi pensiamo che facciano errori, invece sono esperimenti. Alle, volte disastrosi, ma è nel gioco delle cose che qualche esperimento vada male. Qualche altro andrà bene e creerà qualcosa di nuovo e di magnifico.
E poi comunque non è che quello che abbiamo creato noi sia stato così fenomenale.
Non ragioneranno come noi, mai. Facciamocene una ragione. Non è possibile. Nemmeno noi ragioneremmo come noi, se avessimo la loro età e vivessimo in questo mondo.
Accompagniamoli, invece di sgridarli e di mettersi a fare le prefiche sul mondo che sta crollando e sui giovani che non soni capaci, non sono seri, sono viziati, non hanno voglia di lavorare, di impegnarsi, di essere noi. Smettiamola.
Non devono essere noi, devono essere loro.
Come non concordare? E, già che ci sono: bentornata Galatea che non scrive solo di storia!
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