Si parla sempre troppo poco di lui, Alessandro Magno, che ai primi di giugno del 323 a.C. morì a soli 33 anni. 33 anni capaci però di cambiare il mondo, allargare i confini della cultura greca, conquistare la Persia e creare una nuova società mista e ibrida, con buona pace di chi crede che le razze e le culture debbano essere “pure” per essere grandi.
Alessandro no, in fondo era proprio un “b@stard0” dentro, amava meticciare e incrociare le cose, e odiava i confini, reali e mentali. Del resto era figlio di una Epirota e di un Macedone, entrambi visti dai Greci come barbari, e fu accusato di essere un illegittimo dai parenti del padre, dopo che questi era passato a nuove nozze.
Era un ragazzo quando diventa re, e un ragazzo problematico, ambizioso come sanno esserlo quelli che sono stati cresciuti con l’ansia di dover essere i migliori e non si sentono mai migliori abbastanza. Un padre grande ma complicato e distante, una madre oppressiva, un amico, Efestione, che forse era molto di più e fu il suo unico punto certo di riferimento, un maestro impegnativo come Aristotele, e attorno cortigiani e compagni che nemmeno capivano bene i suoi disegni grandiosi. Affrontò guerre, imprese impossibili, tradimenti e delusioni.
Fu il più grande di tutti, certo, ma alla fine, sul letto di morte, a capo di un impero immenso che non governerà davvero mai, con una moglie persiana che era sostanzialmente una estranea e un figlio che non conoscerà nemmeno, ci appare un ragazzo morto troppo giovane e vissuto troppo solo.