GianLorenzo Bernini, il maestro dell’arte sensuale.
Sta tutto qui, Bernini. In questo particolare del ratto di Proserpina. In quelle perfette dita di freddo marmo che affondano in una carne che è di marmo, ma del marmo non ha nulla.
Sta tutto lì, nel saper cogliere il desiderio lacerante, violento, bruto, e riassumerlo in un gesto elegante e definitivo. Condensare in una mano che si stringe, in una coscia che si divincola l’eterna lotta fra la pulsione e la legge, fra il carnefice e la vittima, fra la passione che non vuol sentire ragioni e la civiltà.
Bernini è il signore della passione avvolgente e calda, sia che scolpisca una statua sia che progetti un porticato per San Pietro. È una spirale che ti avvolge, una vertigine che ti fa perdere i sensi: non parla alla ragione, ti stordisce tra le sue volute.
Per questo è al di là del bene e del male, al di là della morale pubblica o privata, al di là della legge. Bernini è l’uomo capace di prendere a sprangate il proprio fratello per un’amante che lascerà di li a poco, è un uomo che conosce il delirio dei sensi perché ci si affoga dentro.
Per questo racconta stupri e sante in deliquio come le peggiori peccatrici. Perché in fondo Bernini riporta sulla pietra quello che già Agostino aveva affermato in filosofia: ama e fa’ ciò che vuoi.
E lui lo fece, con l’innocenza sensuale e devastante che hanno solo i santi, e i grandi peccatori.