La Signora e il corteo. Proteste d’oggi e ragazze bene degli anni ’50

Immagino che la signora Maria Romana de Gasperi, figlia di cotanto padre, debba essere donna di una certa età. L’età delle signore non s’indaga, ma è lei stessa a darcene un indizio, scrivendo l’incipt del suo articolo su Avvenire: «Piove, o come è bello quando piove, nell’aria c’è un profumo lieve che al cuore un brivido mi dà!», cantavamo negli anni Cinquanta quando si poteva andare in bicicletta sulle strade di Roma, i ragazzi con il pullover e la cravatta e noi con la gonna a pantaloni appena proposta dalla nuova moda. Dunque, la signora Maria Romana, studentessa – si presume modello, visto cotanto padre negli anni cinquanta, inguainata in una gonna pantalone all’ultima moda e per quei tempi, non dubitiamo, persino all’avanguardia, percorreva le strade di Roma in bici, felice del clima, seppur piovoso, e della sua gioventù. Da quegli anni ’50, però, certo presa a far cose assai più serie – venerare la memoria di cotanto padre, presiedere fondazioni, scrivere pezzi per l’Avvenire – di passeggiate in bici ed a piedi non deve essersene fatte molte, né a Roma né in altre città d’Italia, dato che, con molto bon ton ma anche un pizzico di smarrimento, l’altro giorno per la prima volta deve esserle capitato di vedere – forse non da vicino, ecco, magari un po’ di lontano e ben discosta – che per le strade di Roma, anziché scampanellanti compagnie di giovani ciclisti spensierati, si erano riuniti cortei di studenti impegnati in proteste contro la riforma della scuola.

La signora, che aveva cominciato l’articolo lamentando gli acciacchi del tempo e avrebbe serenamente continuato a raccontare il calvario che comporta la scomparsa delle mezze stagioni, ha dato una virata alla sua prosa mettendosi – narra sempre lei – a guardare questi studenti come fossero marziani, ma di quelli dei film degli anni ’50, cioè pericolosi e cattivi: Intanto i ragazzi vanno a passeggio sotto la pioggia, con il sacco dei libri che per oggi non hanno aperto, con qualche cartello in mano o forse un bastone: non si sa mai, potrebbe diventare utile. Infatti non si sa come va a finire, ci può essere anche la possibilità di distruggere sedie e tavoli di un caffè in una delle più belle piazze di Roma o si presenterà l’occasione di picchiare la polizia. Ma non si era messo in conto che si poteva battersi fra compagni di scuola, uno contro l’altro armati di bastoni.

Queste cose, fa capire la signora, ai tempi suoi non succedevano e non sarebbero mai potute succedere, non solo perché al governo c’era il cotanto padre, ma perché allora i ragazzi andavano a scuola e aprivano i libri (anche se non è detto che questo fosse sempre di giovamento: in effetti, visto l’uso alquanto ondivago dei tempi verbali che fa la signora, su di lei il libro di grammatica non deve aver avuto poi un forte influsso, per quanto son convinta che lo tenesse sempre aperto). Poco adusa a vedere cortei, la signora non si rende conto che girare con dei cartelli – eventualmente sostenuti da bastoni, perché i cartelli, ahimè, sono soggetti alla legge di gravità e tendono a non rimanere in alto se da sotto un bastone non li sorregge – non equivale a prepararsi a spaccare tutto e picchiare la polizia, né chi si accoda ad un corteo di protesta necessariamente lo fa con l’intento di sfasciare un caffè o pestare la gente.

Ma si sa, ci sono sempre dei particolari che sfuggono quando ci si trasforma in inviati, e la signora la sua nuova dimensione di reporter l’ha presa sul serio. Così si lancia in interpretazioni sociologiche ardite: Faceva anche questo parte di un dissenso sulla nuova legge per la scuola? O forse non erano compagni di scuola, ma qualcuno che aveva un età maggiore di uno studente di università o delle classi medie e intendeva dare alle bastonate una identità politica. Identità che non avrebbe dovuto far parte di un corteo che doveva parlare di riforma scolastica delle scuole elementari e medie. Per l’università ci sarebbe stato tempo di pretendere una discussione con le parti interessate. La signora, insomma, sulla faccenda ha idee assai chiare: le identità politiche non si capisce bene a cosa servano, ma certo non hanno il diritto di occuparsi di quello che viene proposto alla società, quindi ai cortei contro le Riforme del sistema scolastico non devono farsi vedere: se sono identità politiche educate si appaleseranno, forse, a qualche partita di bridge fra amici, ma sempre con molto tatto e discrezione, perché così si faceva ai tempi di cotanto padre nei circoli di studenti beneducati che la signora frequentava; i ragazzi che protestavano contro la Riforma sono invece pericolosi perditempo, che già in partenza avevano deciso di dar mazzate per i loro biechi scopi politici. Che fosse tutta una montatura per menar le mani è per lei evidente, perché i giovani universitari possono scendere in piazza a protestare solo quando c’è in ballo l’Università. Se scendono in piazza a protestare perché smantellano elementari e medie, è chiaro che cercano scuse: loro le elementari e le medie le han già passate, infatti, quindi perché mai dovrebbe fregargliene qualcosa?

Ovviamente la signora non usa il verbo “fregarsene”, ci mancherebbe, perché lei è una signora, e le forme sa bene che vanno rispettate. Infatti ciò che la sconvolge è l’atteggiamento d’uno dei capannelli che incrocia: Ma ai ragazzi di una scuola che occupavano un tratto del lungotevere impedendo alle macchine di avanzare, questo non era stato spiegato per cui si ritenevano nel giusto quando sui loro visi giovani appariva l’ombra di una rabbia che non sapevano di avere. (A questo punto, qualcuno dovrebbe avvertire la signora che, per lo smarrimento, s’è persa sia la punteggiatura che il controllo sui pronomi relativi: se i ragazzi non sanno tenere a freno la rabbia, lei ha difficoltà a organizzare il periodo: non è che negli anni ’50, quando andava in giro in bici, lo faceva per sfangare le lezioni di sintassi?).

Però la signora, per quanto provata, non lo è così tanto da non immaginare come potranno finire fra qualche anno questi studenti scioperati. E infatti pronostica: Qualcuno ricorda i ragazzi con in mano il Libretto di Mao? Poi si è arrivati alle pistole. Non erano più ragazzi. Già, e neanche tutti, necessariamente, diventavano però terroristi, verrebbe da rispondere alla signora, così come non tutti quelli che tenevano in mano il Vangelo andavano poi a torturare eretici in qualità di inquisitori.

Ma la signora è troppo presa dal dramma che sta vivendo per curarsi di questi particolari. È puro pathos quello che la spinge a descrivere quanto di atroce vede accadere sotto i suoi occhi: La fila a quattro corsi di macchine e gli autobus di linea che si trovarono la strada occupata da giovanissimi studenti che avanzavano lenti per non permettere il sorpasso, non ebbe nemmeno il coraggio di suonare il clacson per chiedere spazio. C’è di che rimanere di stucco, non dubito, soprattutto perché io non ho mai visto una fila a quattro corsi (di laurea, forse, dato che stiamo parlando di studenti?) che non ha il coraggio di suonare il clacson, aggeggio che, a quanto mi consta, viene suonato dai guidatori di macchine ad autobus di linea, semmai. I quali però, mi spiace per la signora, forse più abituati di lei alle manifestazioni, sanno che è inutile suonarlo, perché i cortei, dacché mondo è mondo, si snodano lentamente, essendo formati di gente che va a piedi, e lo scopo del corteo è proprio quello di rendersi visibile anche bloccando il traffico, o farne uno servirebbe a poco.

Ma alla signora il particolare sfugge: Eppure data l’ora c’era chi doveva raggiungere il posto di lavoro, la scuola, un ospedale. La violenza, anche se minima, faceva già paura. La democrazia è diritto ad esprimere le proprie opinioni, ma anche rispetto per quelle opposte e le nostre strade devono essere libere per tutti.

Non si capisce bene a quale violenza mai alluda, la signora. Forse a quella di corteo pacifico di studenti, che si snoda per le strade di un centro, in maniera silenziosa ed ordinata? Prima se la prendono con questi poveri ragazzi se occupano le scuole, perché ledono il diritto di chi vuol far lezione, ora la signora dice che non possono nemmeno manifestare fuori dalle scuole, perché levano il diritto di correre per strada alle macchine ed ai bus? E dove dovrebbero manifestare, questi sventurati figlioli? Nel chiuso della loro cameretta, da soli, ed avendo cura di non disturbare il fratellino, che in salotto guarda i cartoni alla tv? Forse, signora, negli anni ’50 le facevate così, le manifestazioni, ai tempi del cotanto padre? No, certo, dimenticavo, a quell’epoca le manifestazioni non si facevano proprio, o meglio, non le facevate di certo lei o la cerchia dei suoi amici: perché non avreste potuto scampanellare allegramente in bici, cantando alla pioggia e sorridendo alla vita, e la gonne a pantalone, poi, avrebbero corso il rischio di gualcirsi. Ma, cara signora, se lo lasci dire: ho l’impressione che il cotanto padre, a leggere il suo resoconto, si domanderebbe se non fosse stato il caso di controllare meglio con chi andasse lei in bicicletta, all’epoca, perché se l’idea di democrazia che circolava fra quei giovani era questa, avrebbe fatto bene a non mandarla tanto in giro con quei tipi là.

15 Comments

  1. La signora de Gssperi fa parte a pieno titolo di questa classe dirigente di gerontocrati ed adulti dal cervelllo invecchiato, inutilmente. L’avvenire o i gerontocrati suddetti dovrebbero avere la decenza di riconoscere che a loro va bene così perchè beghina gelmini e le armate dei bigotti risparmiano dove non decono e continuano ad elargire miliardi 2000 di vecchie lire per pagare gli insegnanti di religione. Anche con una classe di 3 alunni. E’ solo questione di soldi. Il resto di costoro è menzogna o chiacchiere.
    luigi nonallineato

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  2. Sì, la signora, ad un certo punto, mi ha proprio fatto girare le scatole! Ma che se ne restasse a casa, se gli studenti le stanno antipatici.

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  3. C’ho un ribollir di balle che mi è difficile rispondere in modo appropriato. Mi piace la definizione di “gerontocrati” di nonallineato, e sono d’accordo con Galatea punto per punto. Inizialmente speravo che il muoversi di un po’ di protesta avrebbe risvegliato il paese dal coma vigile (vabbè, semivigile, diciamo), ma poi m’è toccato leggere queste stronzate scritte e dette da più parti. Dichiarazioni che di democratico non hanno nulla. È da un po’ che ho paura, e vedere la piega che sta prendendo anche il concetto di democrazia non mi mette tranquillo. Per di più, siamo in tempo di crisi (che l’Italia, quando mai non c’è stata?, – a parte il boom –, ma vabbè), proprio quello giusto perché insorgano movimenti revisionisti e di altra “nobile schiatta” (schiattassero, invece). Perciò, sì: ho paura.

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  4. a me comincia a starmi sulle scatole ‘sta cosa che si debba protestare senza rompere la balle a qualcuno. ma dico, ma che cavolo di protesta sarebbe? quando la gente sciopera ‘sta gente mica lo sa che chi lo fa è per rompere le balle (e i guadagni) a qualcuno? e poi, chissà perchè non si usa la stessa litania quando sono i camionisti coi tir (o gli agricolotori coi trattori paraculati di finanziamenti) ad incazzarsi e incolonnarsi per strada…

    giuro che comincia a farmele girare ‘sta insofferenza verso qualcuno che dissente. soprattutto quando quel qualcuno ha tutto il diritto di esclamare: “la vostra crisi mica la vogliamo pagare noi”

    LdS

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  5. @-> rogra: Non dirlo a Casini, questo, che come minimo si presenta con in testa una cuffietta ricamata…

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  6. @Iscariota
    Non capisco le tue speranze.
    Questo paese non si smuove per i Tanzi e i Geronzi, i Previti e l’ Alitalia, e ti aspetti una reazione per l’ annuale festival delle proteste studentesche, che (come le riforme della scuola) si ripetono uguali a se stesse ad ogni autunno?

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  7. @ Marcello: Era una timida speranza, del tipo “si alza un polverone e improvvisamente la gente si ricorda che si può protestare invece di ignorare i propri diritti e accettare passivamente ogni merda piovuta dall’alto”. Discorso che secondo me fa il paio col luogo comune degli “extracomunitari furbetti che usano leggi e scappatoie”. Opinione diffusa che dimostra una sola cosa: gli italiani non conoscono i propri diritti, li ignorano e non s’informano, e quando qualcuno invece usa il ben dell’intelletto per imparare (è naturale che uno straniero s’informi, visto che deve regolarizzare tutto quanto), allora è un furbetto che ruba il lavoro, traffica con la legge, ecc. Se gli italiani fossero un po’ più coscienti dei propri diritti, un tantino più accorti nei confronti di chi li governa, e sensibilmente più reattivi e incazzosi quando vengono calpestati e ignorati, allora la menerebbero un po’ meno con le cazzate e protesterebbero di cuore per tutto quanto, dalla Gelmini agli stipendi gonfiati dei parlamentari.

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  8. Galatea, io l’unica cosa che ho capito è che la signora, a causa dei cortei, è giunta in ritardo alla canasta parrocchiale con annesso rosario..

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