Caro alunno, per i compiti delle vacanze fa’ come ti pare

Caro alunno,
Per i compiti per le vacanze, fa’ un po’ come ti pare.
Dico davvero, non ce la faccio più. Caro alunno, io e te abbiamo passato assieme nove mesi, che sono un malloppo di tempo infinito, soprattutto se magari non ti stavo nemmeno granché simpatica. A fine anno scolastico la prassi e l’abitudine inveterata vogliono che io ti ammolli pure qualcosa da fare per le vacanze.
A quanto ne so io non c’è alcuno studio scientifico serio che provi che questo serva davvero a qualcosa. In tanti anni di esperienza a scuola ho visto che raramente gli alunni consolidavano o ricordavano meglio gli argomenti se durante l’estate avevano fatto i compiti assegnati. Di solito nel cervello dei ragazzi appena suona l’ultima campanella c’è una specie di reset completo, per cui dimenticano tutto quello che è stato spiegato e studiato durante l’anno, e spesso persino i nomi e i volti degli insegnanti che pure hanno visto ogni santo giorno.
Ma è giusto così. Pure a me da alunna capitava, e per giunta odiavo ferocemente i compiti per le vacanze. In tanti anni di scuola non ricordo di averli fatti mai, per principio, eppure non sono diventata, credo, né ignorante nė del tutto incapace.
Ci sono molti motivi, credo, per cui esiste il mito dei compiti per le vacanze, ma nessuno in fondo ha a che fare con te. Sono un modo con cui gli adulti si sgravano la coscienza, spesso a tue spese. Non mi è mai stato molto chiaro in base a quale strano atto di fede si pensi che se un ragazzo non è riuscito ad assimilare un argomento nei mesi in cui era in classe, con un docente che glielo spiegava e una serie di scadenze e controlli che verificavano il suo apprendimento, dovrebbe invece riuscire ad assimilarlo mentre è mollato da solo, in estate, quando la sua testa è giustamente impegnata a divertirsi e tutto congiura per distrarlo. Fa parte del pensiero magico immaginare poi che i compiti per le vacanze possano sanare o mitigare nell’alunno il disprezzo che la società tutta gli inculca ogni giorno per lo studio e la cultura.
Caro alunno, ci sono genitori che pretendono i compiti per le vacanze, e giudicano sempre troppo pochi quelli assegnati anche durante l’anno, anche qui per motivi non chiari. Di solito il bisogno di severità nasce dall’idea che in tal modo si stia assicurando ai propri figli una educazione migliore, in grado di far loro affrontare con successo la vita. Non essendo spesso in grado di valutare i contenuti, valutano la quantità. Per cui se riempi i ragazzi di esercizi (anche se magari sono tutti uguali e quindi alla fine non servono a nulla) sei un bravo insegnante, se non lo fai sei un fannullone scioperato.
Ci sono genitori che odiano i compiti per le vacanze e i compiti in generale, non ne vogliono mai, per nessuna ragione al mondo, considerano una vessazione inaccettabile spesso anche le lezioni a scuola, e vorrebbero che durante l’anno tutto si svolgesse come un gioioso happening in cui loro pargoli si divertono soltanto e sempre. Sono convinti che l’apprendimento avvenga in modo “naturale”, e identificano il “naturale” con “senza fatica”, dimostrando solo di confondere la natura con un film di Walt Disney.
Ci sono poi una pletora di colleghi che trovo persino più fastidiosi dei genitori Marines e dei genitori chioccia. Sono quelli che invece di fare una scelta didattica precisa e dichiarata (Non do compiti perché secondo me non servono/do compiti perché secondo me sono utili), si inventano formule zuccherose e irritanti, tipo le liste di cose buone e vaghe da fare: vai sui monti, guarda il sole nascere, ascolta il suono del mare sulla spiaggia, corri in bicicletta ascoltando la brezza fra i capelli e altre simili fesserie. Quando ne leggo una, di queste mefitiche liste, mi verrebbe da prenderli a capocciate.
Primo perché gran parte di coloro che le stilano nemmeno si accorgono di quanto siano classiste. Va’ sui monti, quando hai il padre disoccupato e la mamma precaria e i nonni in casa che si contendono il ventilatore? Ascolta il suono del mare quando stai imboscato nell’ultima periferia dimenticata anche da Cristo? Prendi la brezza in bici quando tu in bici sei costretto a starci dalla mattina alla sera perché non c’è nemmeno un campetto dove giocare a calcio, e vaghi senza meta per desolate lande piene di capannoni e marciapiedi sconnessi? Sono cataloghi di propositi buoni per borghesucci annoiati che vivono le vacanze come la foto di un catalogo Alpitour.
E secondo, e più vero motivo, perché io sono una tua insegnante, non sono quella che ti deve dire come vivere la tua vita. Le vacanze sono tempo tuo, non mio. Io non te lo voglio sottrarre e nemmeno pretendo di dirti come lo devi riempire.
Scoccata quella campanella benedetta dell’ultimo giorno di scuola, non ho più su di te alcuna autorità, e non ne voglio avere. Non per disinteresse, ma per rispetto del mio ruolo, e soprattutto di te. Fai ciò che vuoi, perché è così che si cresce davvero. Annoiati, inguaiati, divertiti, perdi i giorni e le ore come più ti aggrada. Non devi renderne conto a nessuno perché sono solo tuoi. L’individuo che diverrai dipenderà anche dalle scelte fai quando nessuno ti dà indicazioni e tu te la devi sbrigare da solo. Le liste zuccherose ti dicono di goderti la libertà, che è un concetto in fondo assai vuoto. Io al massimo ti posso suggerire di sperimentarla, trasformando se ti riesce un vuoto in un pieno, o anche lasciandolo vuoto, se questo ti piace di più.
Per cui per le vacanze, caro alunno, fai quello che ti pare.
Ti ricordo solo che poi a settembre fai meglio a metterti subito a studiare, perché interrogo.

3 Comments

  1. Perfettamente d’accordo col suo pensiero riguardo alle liste “zuccherose e irritanti”: faccio l’insegnante, quindi… le so! Io le chiamo retorica 2.0, ovvero vuota retorica. Complimenti per aver denunciato questa pratica, questa nuova moda con cui colleghi e dirigenti si stanno facendo belli ma che riduce l’educazione a una pappa del cuore in un modo insopportabile e nocivo.
    Faccio più fatica a ritrovarmi nell’ultima parte dell’articolo, dove lei, in quanto insegnante, non si arroga il diritto/dovere di dire all’alunno come deve vivere la propria vita. A meno che si tratti di una provocazione, frasi come “annoiati, inguaiati, divertiti, perdi i giorni e le ore come più ti aggrada. Non devi renderne conto a nessuno perché sono solo tuoi” le capisco solo per il triennio superiore, quando un ragazzo (almeno in teoria) dovrebbe avere la capacità di gestire autonomamente le proprie decisioni; un docente dei gradi inferiori, per esempio delle medie, a mio avviso non può lasciare gli alunni a fare il cavolo che vogliono. Poi è ovvio che lo fa – mica va a casa loro per vedere se sprecano o non sprecano le proprie giornate; però, da un educatore dovrebbe venire il consiglio forte di non buttare il proprio tempo stravaccati sul divano e devastati dalla noia. E se i compiti per le vacanze fossero nella giusta quantità, consistenti soprattutto di letture e attività se non proprio divertenti almeno intriganti e sfidanti? Tenere allenati la creatività e il pensiero laterale con appositi esercizi di scrittura mirata (io insegno lettere) potrebbe essere un buon passatempo estivo… no? Ma non assegnare neanche una lettura o un esercizio scritto – no, è una posizione che fino ai 16-17 anni francamente non condivido.

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