L’Egitto di Belzoni: un romantico Indiana Jones del Nordest

Egitto, 1800: Giovan Battista Belzoni inventa l’Egittologia e ispira l’archeologo piu famoso dello schermo, Indiana Jones

C’è un uomo che avanza nel buio, fra le ragnatele di una antica tomba egiziana. Mette un piede in fallo, cade. Per fortuna che ad attutire il colpo c’è uno strato di mummie, su cui finisce.
Ė una scena dei Predatori dell’arco perduta di Spielberg? Sì. Solo che in realtà l’idea non è di Spielberg, perché l’episodio viene dritto dritto dai diari di Giovan Battista Belzoni, padovano, viaggiatore instancabile, esploratore e fondatore dell’Egittologia. E a lui è dedicata a Padova una mostra, L’Egitto di Belzoni, che ripercorre le tappe di questo personaggio affascinante e particolare, ingiustamente poco conosciuto dal pubblico.

Ritratto di Belzoni
Ritratto di Belzoni

Belzoni, un Indiana Jones del 1800

Un quartiere periferico, ma una di quelle periferie dove passa il mondo. Giovan Battista Belzoni nasce a Padova, nel 1778, da un padre barbiere e da una madre occupata a tirare su figli e tenerli in ordine con i pochi spicci che ci sono in casa. Padova non è Venezia, è una cittadina universitaria tranquilla e conformista, ma è pur sempre un centro vivace dove ci sono stranieri e turisti che arrivano, partono e mentre sostano parlano di paesi lontani. Il nostro Giovan Battista cresce in fretta e soprattutto tanto. Ė un gigante razza Piave di due metri e la città gli sta stretta, non solo per questioni di stazza. Sogna il mondo e orizzonti nuovi. Così va via ancora ragazzino. A sedici anni è a Roma, a fare cosa di preciso non è chiaro. Dicono che volesse farsi prete, e magari studia in qualche convento, o forse più che studiare segue qualche frate bravo nel riparare tubature e rappezzare antichi acquedotti, ma i Francesi arrivano per fortuna prima che il nostro aspirante novizio pronunci i voti e lui capisce che la sua vera vocazione non è la Chiesa, ma il mondo.

Il forzuto di Londra: Belzoni e le macchine idrauliche

È bello, Giovan Battista Belzoni. Alto, proporzionato e con muscoli che sembrano un trattato di anatomia. In Inghilterra, dove è sbarcato dopo alcuni giri complicati, ha una intuizione. Mettere su uno spettacolo nei teatri, in cui solleva persone e cose mentre la coreografia è affidata a spettacolari giochi di acqua meccanici, una delle cose che ha imparato a Roma. È un successone. Ma il teatro lo noia, anche perché è una gloria senza sbocchi. Belzoni vuole fare di più. Le sue macchine sceniche sono state notate e così gli arriva una offerta imprevista: in Egitto il sultano cerca ingegneri per ammodernare i metodi con cui i contadini prelevano da millenni l’acqua dal fiume. Giovan Battista accetta. Sarà l’inizio di un amore travolgente per quella terra.

Vista delle piramidi
Immagine delle piramidi e della piana di Giza

Belzoni Collezionista di tutto

Dell’Egitto tutto lo affascina. Comincia ad interessarsi di ogni aspetto di quella strana civiltà. Studia i paesaggi, li dipinge, colleziona mobili e suppellettili. L’Egitto in quegli anni ė la nuova frontiera. Dopo la spedizione napoleonica, la storia di questo angolo antico e misterioso del mondo appare la chiave e il principio di tutto. E Belzoni e lì, dove c’è l’ombelico della conoscenza.

Egittologia e Belzoni

Sono anni di pionieri, e come sempre in questi casi c’è di tutto. Chi si inventa un mestiere sperimenta, e spesso non va per il sottile. Gli scavi si fanno a caso, spesso usando esplosivi e metodi che distruggono il contesto. Le campagne sono più orientate a trovare il “bel pezzo” da vendere per fare fortuna che a capire una civiltà.
Ma Belzoni è qualcosa di più che un arraffone o un brigante. È un uomo che non ha alle spalle una formazione accademica, ma ne ha una morale. Ama l’Egitto, lo rispetta, così come ama i manufatti antichi. Arriva dove nessuno era mai arrivato prima, scopre tombe e templi, ma poi ne resta per primo affascinato e conquistato. Guadagna ma senza vendersi l’anima, perché la sua è l’anima di un innamorato.
Se oggi le sue spedizioni sembrano ingenue e naïf dobbiamo tener conto dell’epoca in cui visse e dell’aria che respirò. Era l’età romantica, quella di eroi titanici che sfidano il mondo, di Prometei assestati di conoscenza e avidi di sfide.
I nipoti odierni di Belzoni forse non si riconoscono più nella sua impostazione entusiasta e caotica, ma sono pur sempre figli suoi. Senza il suo contagioso amore per il rischio, senza il suo andare anche allo sbaraglio non sarebbe mai nata l’Egittologia.

Belzoni fra noi

Ritratto di Giovan Battista Belzoni
Ritratto di Giovan Battista Belzoni

Morì come era vissuto: rischiando e senza arrendersi. Era un personaggio immenso e contraddittorio. Un gigante che si era fatto da solo. Qualcuno direbbe come i self Made man americani, forse sarebbe più corretto dire come i nostri imprenditori del Nordest, veneti fino al midollo eppure capacissimi di essere allo stesso tempo adattabili e internazionali.
Belzoni in questo è molto moderno, il più moderno di tutti.Un uomo che ha visto molto, ha fatto molto, ha sempre creduto nei suoi sogni trasformandoli però in realtà. Un eroe concreto e prammatico, e al tempo stesso affascinante come il più spericolato avventuriero. Si merita di essere ricordato, come quell’IndianaJones che tutti conosciamo dal grande schermo.
Ma che, non dimentichiamolo, è solo un personaggio fittizio, mentre il nostro Giovan Battista era vero. E vale la pena di conoscerlo.

L’Egitto di Belzoni, a Padova al centro Altinate San Gaetano fino al 28 giugno 2020

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