Accadde oggi: nasceva il 31 agosto del 12 d.C Caligola, l’imperatore pazzo. Ma lo era veramente?
La famiglia Giulio Claudia, formatasi dal matrimonio fra Augusto e Livia, più che una dinastia sembra un esperimento di laboratorio. Un ambiente creato a tavolino per tirare fuori il peggio delle persone sottoponendole a pressioni e torture psicologiche che piegherebbero chiunque. Una fabbrica di pazzi, insomma. Di cui Caligola appare come uno dei prodotti meglio riusciti.

Del resto, povero cocco, crescici tu dovendo affrontare una tragedia dietro l’altra come nelle puntate di un serial d’accatto.
La prima volta che entra in scena il piccolo Caio Giulio Cesare Germanico ha tutto quello che serve per risultare simpatico. È un frugoletto biondino e paffutello, che papà Germanico e mamma Agrippina adorano, e fanno scorrazzare per gli accampamenti dei loro legionari con uno spadino di legno e l’elmetto, e ai piedi i sandali dei soldati, le caligae appunto, che sballonzolano troppo grandi per quei piedini di bimbo.
Pochi anni e quell’immagine tenerissima è già un ricordo: la vita di Caligola vira verso l’incubo. Papà Germanico muore, forse avvelenato e di certo già guardato con sospetto dallo zio Tiberio imperatore. Mamma Agrippina, che del marito è innamoratissima, si intigna a volere una indagine sulla prematura scomparsa. Si tormenta, non trova pace, e commette fatali errori lanciando accuse probabili ma non provate.Finirà condannata all’esilio e poi eliminata, assieme ai fratelli maggiori di Caligola stesso.
Lui, Caligola, a questo punto può battere tutti, compreso lo zio Tiberio, per nobili ascendenze, perché discende direttamente da Augusto attraverso la nonna Giulia, mentre Tiberio è solo un figliastro, e dai Livi e persino da Marco Antonio. Diviene quindi l’erede designato.

Non è una fortuna. Significa essere affidato allo zio Tiberio, appunto, uomo ombroso, instabile, avvelenato dal risentimento contro i parenti, e forse, anche, con una propensione per la perversione sessuale.
Cosa veda e cosa debba subire il giovinetto Caligola negli anni della adolescenza lo sa solo lui, e le sorelle, Livia Drusilla e Agrippina Minore, che gli restano accanto. Un rapporto strettissimo, nel caso di Drusilla addirittura morboso: se non un incesto, una sorta di osmosi. Del resto sono due ragazzini che sono sopravvissuti, loro malgrado, a tutto e tutti.
Caligola, si dice, odia la sua famiglia e odia i Romani. Non si vede perché dovrebbe amarli. I colti e raffinati senatori sono un branco di pecore pavide che hanno lasciato sterminare i suoi affetti per cercare di salvarsi, il popolo ormai fa da comparsa alle grandi coreografie dell’impero. Lo zio Tiberio gli ha insegnato a disprezzare tutto e tutti, è lui è bello, giovane, ferito nell’animo e senza freni morali.

Quando finalmente arriva al potere la Repubblica è un vuoto fantasma del passato, il Senato una accolita di codardi, e Caligola un monarca venuto su nel lusso di una corte assoluta e dall’impostazione ormai orientale. Un dinasta ellenistico che tutto può ed è abituato ad essere circondato da servi.
Tanto vale farglielo capire subito chi comanda, e irridere i soloni del senato che parlano di dignità come se fossero tutti dei padri della patria. Che di loro non ci si possa e non ci si debba fidare Caligola lo ha sperimentato più volte: nel deluderlo non lo hanno mai deluso. Si fida di più del suo cavallo, ed è per questo che lo nomina senatore.
La descriveranno come una pazzia, in realtà è un lucidissimo sfregio.
Dei suoi parenti l’unico che gli pare degno di rispetto è il bisnonno Marco Antonio, che voleva lasciare Roma per Alessandria d’Egitto e scappare da quella città perbenista e bigotta, dal ventre molle come il cuore. Caligola è giovane e sogna un impero assoluto. Ma lo tradiscono il destino e la salute. Muore Livia Drusilla, la sorella amatissima, l’unica che riuscisse a tenere a freno le sue pulsioni autodistruttive. E lui cade vittima di una malattia che forse è la schizofrenia, forse un male oscuro che lo rosica dentro.
Diviene sempre più instabile, sospettoso. Il popolo lo ama, ma a corte tutti piano gli si girano contro. Una congiura nata a palazzo coinvolge diversi senatori, i pretoriani e il loro prefetto. Caligola sta tornando da teatro, attraversa il criptoportico che porta alla reggia. Non ci arriverà mai. Una pugnalata lo uccide e assieme a lui cadono la moglie Cesonia e la figlia Drusilla, che ha solo pochi mesi e viene scaraventata contro il muro, fino a spaccarle la testa.
Finisce così la vita di un imperatore che Roma aveva amato come un sogno e aveva virato verso l’incubo.
La maledizione dei Giulio Claudi, o forse di tutte le dinastie, è la straordinaria abilità con cui si creano dei mostri attraverso l’esercizio del potere.