Guido Cavalcanti, ovvero la condanna di essere secondo (dopo Dante, però)

Accadde oggi 29 agosto 1300 muore a Firenze Guido Cavalcanti, amico di Dante e ingiustamente considerato un minore

Al di là dei suoi meriti e del suo innato talento, a me Guido Cavalcanti ha sempre fatto una gran tenerezza. Perché ci vuole iella, ma iella vera, ad essere un poeta raffinato, ispirato, elegante, colto, tecnicamente sgamatissimo, dotato di una sensibilità moderna, che in qualsiasi altra epoca sarebbe stato il più grande in assoluto del suo tempo, e no, per un crudele scherzo del destino, trovarsi a vivere a fianco di Dante Alighieri, e finire quindi non dico fra i minori, ma all’ombra del secondo posto, nella medaglia d’argento della retrovia.

Dante Gabriele Rossetti, fonte Wikipedia https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Dante_Gabriel_Rossetti_-Giotto_Painting_the_Portrait_of_Dante.jpg#/media/File:Dante_Gabriel_Rossetti-_Giotto_Painting_the_Portrait_of_Dante.jpg

Guido, ma lo vogliamo dire quanto è bravo, Guido Cavalcanti?

Quanto è avanti, con quei versi che paiono frasi jazz, e partono regolari,ma poi schivano, svisano, si fanno imprevedibili e spezzano il ritmo mentale che nella tua testa avevi impostato? Quanto è contemporaneo, con il suo male di vivere che indovini e senti, con quella malinconia regale che è una tristezza altera, da vero signore? Guido che non è mai risolto, che non è mai in pace, ma non cade mai nello stereotipo dell’intellettuale frignone, del lacrimoso guastafeste. Guido che è un impenitente seduttore, e ammalia e si porta a letto fanciulle e contadinelle con nobile indifferenza, eppure quando ti dedica un verso t’innamori, anche se sai che ti spezzerà il cuore? Guido che può essere distante, ma non è mai freddo e non è mai calcolatore, e pur se parla di sé non è mai così autoreferenziale come un Petrarca.

Giorgio Vasari Dante e gli altri poeti toscani, foto da Wikipediahttps://commons.wikimedia.org/wiki/File:Italien_humanists_by_Giorgio_Vasari.jpg#/media/File:Italien_humanists_by_Giorgio_Vasari.jpg

Guido che passa il suo tempo sdegnoso a ruminare sui tomi di Averroè in silenzio, e a discutere di logica, più tignoso persino dell’amico Dante, e forse persino più preparato e profondo.

Ma poi è anche lo stesso che se c’è da menare per le strade di Firenze, mena, fino a farsi cacciare in esilio.

Guido, che è così fragile, testardo, presuntuoso, altero, dolcissimo: in una parola umano. Guido che ha il dono della grazia. Non quella della fede, ma quella della poesia, per cui nei suoi versi risuonano echi antichi persino se è dubbio che abbia mai letto gli originali latini, perché per i poeti veri funziona così, che dove non arriva lo studio arriva l’intuito.

E allora regala momenti di vera illuminazione, di bellezza gratuita, improvvisa, devastante, come quelli della sua ultima ballata, che è il suo saluto al mondo :

Tu, voce sbigottita e deboletta,

Ch’esci piangendo de lo cor dolente,

     Coll’anima e con questa ballatetta

     Va ragionando della strutta mente,

     Voi troverete una donna piacente

     Di sì dolce intelletto

     Che vi sarà diletto

     Davanti starle ognora.

     Anima, e tu l’adora

     Sempre nel su’ valore.

E come si fa, dico io, a non amare Guido Cavalcanti, come?