I contorcimenti di mons. Fisichella

Ognuno ha degli obblighi che il mestiere impone, siamo d’accordo. Ma sono quanto mai interessanti da seguire, in questi giorni, i contorcimenti logici del fronte cattolico dinnanzi alla vicenda di Eluana Englaro, cui verrà staccato per sentenza del tribunale il sondino gastrico che la alimenta forzatamente da anni, essendo la ragazza in coma vegetativo senza possibilità di risveglio. Il padre e gli amici hanno portato testimonianze inoppugnabili – dichiarazioni, reiterate confidenze – che la ragazza non avrebbe voluto rimanere in vita ridotta com’è ora. A questa possibilità ci aveva pensato, anche vedendo amici senza conoscenza, bloccati per sempre in letti d’ospedale. Aveva già diciotto anni, età in cui si è in grado, per legge, di prendere in autonomia e consapevolezza tutte le decisioni riguardanti la propria vita: sposarsi, mettere al mondo figli, curasi se malati, disporre per testamento dei propri beni. E aveva detto, chiaro e tordo: così no.

Il Tribunale della Repubblica, dunque, non ha fatto che prendere atto di ciò; il padre e la famiglia non hanno fatto altro che rispettare, per quanto possa essere per loro doloroso, la volontà della figlia. In uno Stato normale, tanto basterebbe: un individuo ha deciso per sé stesso, e poiché non poteva far valere da solo la sua volontà perché impossibilitato in quanto incosciente, questa precisa volontà è stata fatta rispettare dal tutore legale dell’individuo stesso.

Da noi invece, su questa decisione sofferta e privatissima, ma perfettamente lecita, il dibattito scoppia, s’ingrossa e tracima. All’arrivo della sentenza, le pie suorine dell’istituto dove la ragazza è ricoverata, mandano un appello ai genitori: dicono al padre: «Se davvero la considera morta, la lasci qui con noi

Le suorine sono certo in buona fede, ma mi chiedo se si rendono minimamente conto di quanto sia crudele questa loro dichiarazione, quanto sia poco rispettosa nel suo spirito di quella dignità di cui si fanno paladine. La lasci qui con noi: come se fosse un pacco, o un peluche che si pettina ogni mattina, si lascia sopra il letto e si coccola quando abbiamo dei momenti di malinconia, perché il suo essere lì ci conferma che siamo persone buone e capaci di abnegazione; come se il problema del padre fosse stato e fosse trovare un modo di abbandonarla in qualche posto, di poterla dimenticare per tornare alla sua vita, come se l’amore per sua figlia si potesse spengere a comando: bon, c’è chi se ne occupa, possiamo andare in vacanza, adesso, e amen.

Il problema del signor Englaro non è trovare qualcuno che si occupi di Eluana, o voler chiudere la faccenda perché così può dimenticare e passare ad altro. Il problema del signor Englaro è sapere che una vita del genere Eluana non la voleva, e, se potesse parlare, Eluana l’avrebbe già rifiutata a gran voce. Ha coraggio, il signor Englaro, perché ce ne vuole tanto per combattere anni nel modo in cui ha fatto lui, contro quell’istinto naturale di egoistico possesso che spinge invece il genitore e l’essere umano a tenere qualcuno vicino a te sempre, anche quando sai che lui non lo vuole, e che a trattenerlo lo fai soffrire.

Invece dal fronte dei cattolici convinti, fioccano le critiche, mascherate da saggi consigli e da inviti alla moderazione. Il più attivo in tal senso è Mons. Fisichella, campione di paralogismi: «Niente giri di parole, – dice – questa è eutanasia. il Parlamento discuta di testamento biologico.» Non si capisce come, dato che egli non considera ammissibile la scelta da parte del paziente e dei suoi tutori di morire in pace, e il monsignore ribadisce che il coma è una forma di vita. Nel testamento biologico, dunque, l’autonomia del paziente in che risiederebbe? Nel poter decidere il colore delle lenzuola?

Secondo Mons. Fisichella sulla vita dell’individuo non può decidere l’individuo, se non è cosciente, ma anche se è cosciente, par di capire, le validità delle sue scelte è molto limitata: «Tante volte in un momento di crisi ci si lascia andare a frasi di sconforto, ma non per questo un giudice può autorizzare una azione di morte: sulla intenzionalità delle persone dobbiamo essere sempre cauti, perché le intenzioni si modificano nel corso del tempo e della vita, a seconda delle esperienze che vengono vissute, c’è sempre la possibilità di un ripensamento, di una ritrattazione». Quindi l’individuo non può decidere della sua vita “in un momento di crisi” (la malattia lo è sempre), ma neanche prima, perché può cambiare opinione (al momento della crisi, ovviamente); in più la sua decisione è sempre frutto delle sue esperienze di vita (già, di che altro?). Se per esempio sono agli sgoccioli, e so che mi aspetta una lunga e dolorosa agonia che la medicina moderna è in grado di prolungare al di là del dovuto grazie a macchine e terapie, o alimentandomi a forza anche quando io non lo possa più fare naturalmente, non posso dire che no, non lo voglio, perché sono in un momento di sconforto e obnubilata dalla mia esperienza di vita di inveterata laicista. In quel momento posso al massimo chiamare un prete e sospirare con lui “Sia fatta la volontà del Signore”: in questo l’esperienza di vita e il terrore e lo sconforto per la morte imminente non c’entrano, è rispetto culturale verso l’identità nazionale e il non possiamo non dirci cattolici, veh.

I Tribunali, sostiene mons. Fisichella con ultimo carpiato finale, non possono dunque esigere che le volontà espresse da chi è entrato in coma e non può parlare più vengano rispettate, perché, sono parole sue: «Dobbiamo accettare la vita umana come un profondo mistero che si sottrae al filosofo, al magistrato, allo scienziato, al legislatore e anche al sacerdote.»

Appunto, sottraiamola a tutti costoro, per lasciarla quindi decidere al solo individuo, che quella vita la vive e può quindi pretendere di gestirla come meglio gli aggrada, anche nel momento estremo, senza che glielo dicano i magistrati, i filosofi, o i preti, o i monsignori rilascianti interviste. Consentire all’individuo di fare le sue scelte, di poter optare per ritirasi nel Nulla e non soffrire più, o, se Dio esiste, di vedersela con Lui faccia a faccia.

Dunque, Mons. Fisichella, per favore, si tolga di mezzo.

PS. Per altro, tutto questo lui lo ha scritto meglio di me.

7 Comments

  1. Brava!
    (per inciso: Welby era del tutto cosciente, ma forse per monsignore la sua era una crisi …esistenziale?)

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  2. non abbiamo idea di cosa sia la vita, figuramoci se abbiamo idea di cosa sia la morte.
    non avendo idea di cosa sia non possiamo nemmeno dire dove stia in effetti la vita: attivita’ cardiaca? cerebrale? cellulare?
    la questione della coscienza e’ anche piu’ pelosa. Dove sta? Gli antichi egizi pensavano fosse nel cuore, gli orientali pensavano che stesse nell’apparato gastrico e noi occidentali cranio-centrici pensiamo stia nel cervello.

    non avendo idea di cosa siano vita e morte, paradossalmente le due uniche certezze che abbiamo al mondo, possiamo pontificare su tutto, che tanto nessuno ci contraddice.
    il problema e’ che ormai nessuno puo’ piu’ gestire la propria esistenza in base alle proprie supposizioni su cosa siano vita e morte.
    i cattolici poi sono dei campioni nel mettere becco nelle cose che non li riguardano personalmente, ma che si puo’ fare?

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  3. Un’altra contraddizione della Chiesa riguarda la ricerca scientifica.

    Si batte contro l’uso delle staminali che danno speranza a coloro che soffrono di gravi malattie, ma permette l’uso di macchine – dotate di una tecnologia recente – che tengono in vita vegetali.

    Forse sono ateo perché la mia paura della morte aumenterebbe in una cultura cattolica, così ricca di dubbi, streghe da bruciare e bisogno dell’odio verso i “diversi”.

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  4. Cara Galatea,

    come sai, leggo spesso e volentieri il tuo blog, perché lo trovo informato, argomentato, divertente e divertito.

    Condivido anche questo tuo post. Grazie.

    Vorrei proporti una riflessione sul fatto che si può essere partigiani senza rimanere nella parte inizialmente assunta. Voglio dire che tu prendi parte ai fenomeni, ai problemi, schierandoti decisamente. Io non trovo niente di male in questo tuo atteggiamento intellettuale e morale, anzi, mi pare necessario – al principio però, e non necessariamente – programmaticamente – fino alla fine. Il programma dovrebbe essere, secondo me, quello di andare oltre il partito preso e costruire un terzo punto di vista, superiore a entrambi i punti di partenza.

    Non dico che sia facile, dico che è necessario – altrimenti è una guerra, condotta con mezzi intettettuali e morali, ma sempre una guerra. Non dico che io ci riesca sempre, ma ti assicuro che ci provo sempre, seguendo l’esempio – per fare i nomi di due grandi intellettuali che ho eletto a fratelli maggiori – di Gramsci e Gesú. Ecco – a proposito – due intellettuali che sono usati da due opposti schieramenti ma che sono andati ben oltre i recinti di partenza, costruendo l’uno e l’altro punti di vista storicamente e teoricamente superiori ai belligeranti.

    Abbracci pasquali
    http://www.fulminiesaette.it

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  5. Credo sia giusta la tesi che Veronesi sostiene da tempo, quella del testamento biologico.
    Sarebbe giusto legiferare, nella precedente legislatura s’era avviato un buon lavoro ma alcune posizioni clericali, all’interno della commissione parlamentare ne rallentarono l’esito.
    Infine la caduta del governo e le elezioni anticipate.

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