Che poi mi dicono: “Ma perché stai a perdere tempo sui Greci?”
In effetti… In effetti mica è facile trovare una risposta, quando te la fanno così di brutto, la domanda. Dio santo, paiono così distanti, i Greci! I Romani, per noi, hanno almeno un’aria di casa, con quello stato sempre un po’ smandruppato, sempre in bilico fra la corruzione e la guerra civile, i generali ambiziosi, le matrone sgualdrinelle, gli imperatori pazzi, i Senatori corrotti che non sapevano bene che pesci pigliare. Aria di casa, insomma, perché con o senza toghe addosso, l’Italia è sempre l’Italia. Ma i Greci, cazzo, i Greci classici? Che poi sono quelli delle statue perfette, delle colonne dritte dritte, delle tragedie sublimi, e di quella democrazia così democratica, con Pericle, che magari non era abbronzato, ma bello sì, e intelligente, e colto; e caspita, per trovarne un altro così fico bisogna aspettare fino al Rinascimento, con Lorenzo Il Magnifico. Che poi, anche Lorenzo: fico era fico, ma bello un’ostrega, e Pericle rimane sempre il massimo, a guardar il capello.
E invece io m’intestardisco sui Greci. Perché a conoscerli bene, o magari solo un pochino meglio, ci si accorge che al di là delle colonne, e delle tragedie, e di Omero e di Platone, e delle statue che madonna santa sono così belle e han sempre quell’arietta da guardami-bene-che-tu-microbo-alla-mia-altezza-non-ci-arriverai-mai, i Greci sono vicini a noi, ma vicini vicini, si può dire ad un passo.
Io, per esempio, confesso: la parte che adoro della storia greca non è mica quella che piace a tutti, gli anni d’oro della democrazia, le assemblee, e Pericle che la mattina arringa il popolo e la sera, tutti a casa sua, ché mentre Aspasia si scoscia e Socrate, come al solito, parla, lui sta lì a rumegare con Fidia perché vuol mettere bocca sui progetti dei Propilei e del nuovo Partenone. No, la parte che mi intriga è quella finale della democrazia, quando la guerra del Peloponneso non solo è stata dichiarata da un pezzo, ma addirittura è già quasi persa; quando Pericle è morto, e quel bel fanciullo di Alcibiade, che ormai, a guardar bene, fanciullo non è, non si capisce più veramente da che parte penda; anzi, si capisce benissimo, perché, come tutti i bei fanciulli ambiziosi con il pallino del potere, pende da una parte sola, la sua.
Mi affascina questa Atene cupa, corrotta, insicura, ma soprattutto incerta; che già sente a pelle di essere entrata nella fase in cui il passato si comincia a vagheggiare come un mito lontano, anche se il passato in questione è appena appena un ieri l’altro, e la grandezza è finita soltanto da qualche ora.
Non c’è niente di più straziante e tragico di un mondo che sa di star per morire, ed è al contempo stesso conscio, con la lucidità che è propria di chi è – o è almeno stato – intelligente, che non ci può far nulla. Atene è così, una donna un tempo bella e ricca e corteggiata; ma si vede ora riflessa in uno specchio che le manda indietro una immagine opaca, vecchia, senza futuro.
La peste non s’era portata via solo Pericle, la peste l’aveva lasciata indifesa perché ci si può battere contro tutto, ma non contro l’invidia degli dei. Gli dei accecano coloro che vogliono perdere; l’avevano accecata per bene, Atene, tanto orgogliosa, tanto sicura della sua superiorità, da tentare l’avventura oltremarina affidandosi ad un avventuriero come Alcibiade e ad un generale controvoglia, come il pio Nicia. La disfatta era stata atroce, ma forse più ancora della sconfitta aveva pesato il tradimento di quel figliolo che era la summa di tutto ciò che voleva dire essere Ateniese, santi dei, e proprio per questo si era venduto a Sparta: Alcibiade, il più bello, il più colto, il più furbo delle sue creature che le si rivolta contro, come una serpe in seno.
Da lì va tutto a rotoli, da lì tutto si sfascia. Congiure, trame segrete, la città nelle mani di personaggi ambigui, che tentano più volte colpi di stato appoggiandosi alle eterie, le società segrete dell’epoca, potenti e tremende. Il clima di continuo sospetto che fa parlare sottovoce alle pubbliche assemblee, dove un tempo si gridava, perché nessuno è sicuro di quanto sia fedele allo Stato chi gli è seduto accanto. Votazioni che vengono fatte sotto minaccia di giovani armati di pugnali, emissari di cui non si sa mai bene chi sia il mandante, e quale la missione. Democratici che divengono fautori dei tiranni; fautori dei tiranni che si scoprono democratici; moderati incerti, infidi e buoni per tutte le stagioni, capipopolo liquidati da sicari senza che se ne capisca la ragione; tribuni improvvisati che cambiano partito ad ogni giro di boa della flotta, e la stessa flotta che sbanda, vince, perde, si costituisce come Stato indipendente a Samo mentre Atene è nelle mani di golpisti senza scrupoli, che poi golpisti magari non sono del tutto, e certo hanno contatti con quell’Alcibiade che pensavano fosse con loro nel golpe, ma cambia di nuovo bandiera, o forse no, chissà. E su tutto il convitato di pietra, il Re di Persia, il quale guarda e appoggia, di volta in volta, l’uno o l’altro, Atene, e poi Sparta, e poi Atene e poi di nuovo Sparta, con sul volto stampato il riso sardonico di chi, dopo essere stato fregato dai Greci più volte, ora gode nel vederli distruggersi da soli, colpo dopo colpo.
Dei Greci si racconta sempre la splendida luce, mai la fiammata torbida che li consumò e li estinse: su quella stagione di tradimenti, di fiducie irrazionali date dal popolo a uomini immeritevoli, di fatali sciocchezze, di pressappochismo dilagante si glissa o si tace. E invece a me è quello che affascina, perché forse fu l’unico momento in cui Atene e Sparta uscirono dal santino che il tempo e i cattivi storici hanno cucito loro addosso. L’epoca in cui gli Ateniesi si dimostrarono presuntuosi e stupidi, gli Spartani dei rozzi ignoranti spesso favoriti dai loro stessi limiti, e tutta la storia lascia intravvedere quel che di caotico, casuale ed imprevedibile che spesso hanno le vicende umane. Adoro quest’epoca, insomma: l’unica in cui i Greci dimostrarono di essere, come tutti, degli uomini.
beh..in fondo i greci sono stati i primi a porsi la fatidica domanda:
“Come è stato possibile ridursi così e infilarsi in una situazione simile?”
Siccome erano gente creativa inventarono il metodo storico, iniziando immediatamente a dibattere violentissimamente sulla falsificazione della storia, sapendo di essere “un filo” faziosi. Li adoro..
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“Perchè stai a perdere tempo sui greci?” è tipo la domanda che fanno a me “Ma scusa, lavori nell’informatica, sei a tempo indeterminato da dieci anni, perchè fare l’università? E poi, storia hai scelto… E’ una facoltà che non ha alcuno sbocco!”…
E nessuno capisce che a volte si studia solo per il piacere di farlo, perchè quella determinata cosa ci piace.
Che poi, a voler ben guardare, quasi tutta la storia è paurosamente attuale: i senatori romani corrotti, il limes allo sbando, gli sperperi dei potenti alla faccia del popolo che arranca, il nazionalismo e il razzismo, la colonizzazione… Sono tanti aspetti che si riflettono sul nostro mondo così attuale e progredito…
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Bel post complimenti! @ juni è triste che le persone pensino che la cultura e lo studio debbano necessariamente essere a servizio del lavoro….studiare apre la mente e fa sentire liberi (banale ma vero)…..Ciao
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Corsi e ricorsi della storia.
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HISTORIA MAGISTRA VITAE
Perchè la Storia e il Passato non riguardano solo gli Antichi.
Già Galatea, in fondo perchè perdere tempo a studiare le vicende di persone morte migliaia di anni fa, cioè morte e sepolte da un bel pezzo? Non si dice forse che acqua passata non macina più?
E’ opinione molto diffusa che la Storia abbia la sola capacità ed il solo compito di mostrarci come siano andate le cose, e che dunque sia qualcosa la cui conoscenza non ci fornisce strumenti per incidere sulla realtà attuale. Sembra, data la sua presunta inutilità, che l’unico senso in cui la Storia possa defininirsi attuale sia la sua somiglianza col presente e che pertanto di essa debbano occuparsi solo appassionati, studenti e professori.
Il tuo post mi ha fatto riflettere sull’importanza PRATICA della conoscenza del Passato: contrariamente a quanti sostengono la tesi che ho sopra indicato, ritengo che la LA CONOSCENZA DEL PASSATO ABBIA L’ENORME POTERE DI INVERTIRE IL CORSO DELLA STORIA.
Questo mio commento ha appunto l’obbiettivo di dimostrare questa mia posizione.
La storia può venire concepita in tre modi diversi: in maniera A) Lineare, B) Caotica, e C) Circolare.
La concezione Lineare ammette uno sviluppo storico che ha una direttice di sviluppo ed un orientamentamento determinati; gli eventi progrediscono in avanti all’infinito verso una direzione. Nella concezione caotica, invece, tutti gli eventi storici succedono casualmente: non esiste quà un ordine intrinseco ai fatti o una direzione di sviluppo determinata.
La concezione ciclica della Storia, considera lo svolgimento umano come il prodotto di condizioni analoghe o uguali che si ripetono periodicamente, dando vita a fenomeni analoghi o uguali.
Tutte e tre queste concezioni hanno una loro validità, ma quella che io abbraccio è la terza: le condizioni a cui si determinano necessariamente certi fenomeni storici si ripresentano ciclicamente.
Da questa prospettiva, e a partire da un certo grado di astrazione, è possibile affermare che poiché gli uomini PENSANO E OPERANO SEMPRE NELLO STESSO MODO, NEL MONDO IN FONDO SUCCEDONO SEMPRE LE STESSE COSE.
Sta in questo, in ultima analisi, la ragione della possibilità dei ricorsi storici, ed è proprio per questo che lo spaccato della Grecia in decadenza che ci hai proposto è attualissimo: esso getta una luce sulla nostra decadente epoca.
Il mio assioma è che la storia abbia un potenziale enorme poiché, gettando una luce sulle cause dei disastri passati, ci permette di capire quelli presenti ed evitare quelli futuri.
Come diceva qualcuno “Chi non conosce la Storia è destinato a riviverla”, e questo fatto mi sembra una delle ragioni per cui gli esseri umani continuano testardamente a fare gli stessi errori.
A partire da quello che ho compreso studiando la Storiografia, mi pare che due siano le cause dell’eterna instabilità della società: L’EGOISMO E L’ACRITICISMO, IL PENSARE SOLO A SE’ E PENSARE PIATTO. A me pare che questi due elementi – seppur isolabili IN ASTRATTO – si incarnino IN CONCRETO in elementi sempre diversi, producendo sempre lo stesso effetto: IL DISAGIO DELLA CIVILTÀ.
E’ molto istruttivo studiare il Passato con lo sguardo rivolto al presente, perchè ti accorgi che sostituendo nomi e luoghi alle situazioni passate, le RELAZIONI tra le loro componenti sono identiche a quelle delle situazioni presenti.
Ed è dunque per questo che se milioni di Italiani, invece di preoccuparsi del nuovo compagno delle veline o di quanto ha fatto la Juve, conoscessero bene la Storia e la Storiografia, oggi difficilmente si sarebbe reimposto in Italia un regime politico che spesso è comparso lungo il corso dello svolgimento umano: L’OLIGARCHIA.
QUANTO PIÙ CONOSCIAMO LA STORIA TANTO MENO SAREMO SOGGETTI A RIVIVERNE I DRAMMI, LE SVENTURE E LE TRAGEDIE.
In conclusione credo che, poiché tutti abbiamo il dovere di occuparci CRITICAMENTE di politica, tutti dovremmo avere conoscenza del nostro Passato, in quanto condizione necessaria per la comprensione della realtà politica nella quale siamo immersi.
Salvatorangelo Falchi
Invito i Lettori a visitare il mio blog:
http://salvatorangelo.wordpress.com/
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