Dunque, ce l’avete presente, no? Che Alessandro arriva in Asia, e gli dicono: “Oh, Ale, c’è un tempio con un carro, legato con un nodo, e chi lo scioglie diventa re di tutto!” E Ale, che quando gli dicono “re di tutto” gli si drizzano le orecchie, perché era simpatico, il ragazzo, ma un pelo megalomane non si può dir di no, ha manco fatto tempo a sentirlo che era già lì, dentro al tempio, intendo, a guardarsi il carro e il nodo.
Eh, guardalo, appunto. Ma come te lo giri, sempre nodo jè: tira, e stringi, e soffia, non si scioglie, anzi, semmai si ingarbuglia. E tutti a guardare il nodo, e Alessandro, ma tutti tutti, anche gli amici, anche i sacerdoti, anche i notabili del posto, ché te li raccomando i notabili e i sacerdoti, poi, con quel sorrisino stampato in faccia che pare deferenza, ma è solo un modo per dire: “Ah, ecco, sarà anche Grande ma stavolta non ne viene fuori manco lui, neh!”
Ale, cioè Alessandro, quei sorrisini se li sente bruciare dietro le spalle, e sa che dal sorrisino alla risatina di scherno, in quei momenti, il passo è breve, per non dire minimo; e siccome, oltre che megalomane, è pure orgoglioso, specie quando poi gli viene il sospetto che rischi di esser preso per il sedere da gente che il sedere, ecco, giusto giusto glielo possono guardare di lontano, come un miraggio, mentre lui avanza sul campo di battaglia, allora Alessandro, si diceva, lo guarda, ‘sto benedetto nodo, e il carro, e tutto quell’ambaradan di tempio dorato e laccato, ché in Asia questi maledetti templi li fanno come le bomboniere, mannaggia, e dovunque ti volti sono ori e ninnoli a pendaglio. E siccome c’ha le scatole girate, perché l’Asia è grande e, un assedio di là una battaglia di qua, ci manca solo che s’impantani lì, in un tempio, e con un nodo, sposta il sacerdote, e anche i ninnoli che pendono, tira fuori la spada e zàcchete, un trincio di netto: da una parte il carro, e dall’altra il nodo, che non è più nodo, poi, è una biscetta di corda mozza, tiè.
Tutti, gli amici, i sacerdoti, i notabili, a scappellarsi, manca poco a genuflettersi: il nodo, lo ha sciolto, il nodo, e quindi è giusto che diventi re, e re di tutto. E Alessandro? Alessandro lo guarda, quel nodo, cioè la biscetta di corda che è diventato, o meglio il cumulo di vermiciattoli che un tempo formavano il groviglio, e adesso stanno lì, sparpagliati sul pavimento, inermi; e guarda i volti degli amici, e dei notabili e dei sacerdoti in visibilio. Vorrebbe gridare, Alessandro: ma siete scemi? Non l’ho mica sciolto, l’ho tagliato! E c’è una bella differenza: quella che passa tra risolvere un problema e rompere un vaso buttandolo sul pavimento; fra trovare una soluzione e creare dei cocci che ti restano lì. Pensa al suo maestro, Aristotele, e se lo immagina a guardarlo torvo, con le sopracciglia aggrottate, perché Aristotele mica lo avresti fregato così, come quei babbei; avrebbe raccolto i mozziconi di nodo, Aristotele, e glieli avrebbe messi sotto il naso come a dire: “Vabbe’, e adesso?”. Ma è un filosofo, Aristotele, di quelli che stanno sempre a far quello, appunto, a pensare. Quelli che i nodi li creano per il piacere di crearli e poi? Poi delle volte ci si perdono dentro. Non fondano imperi, i filosofi, fondano grovigli, e stanno lì a rimirarseli senza sgrovigliarli mai. Gli imperi li fondano quelli che tagliano, sì, e corrono il rischio di far restare tutti con una cordicina mozza in mano.
Sono piccole cose, quisquilie, ma pare che ci rincorriamo. Procurati una spada. 🙂
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