Il complesso di Asdrubale, ovvero la sfiga del fratello minore

Già nascere fratello minore è normalmente un po’ una sfiga. Immaginatevi voi cosa abbia voluto dire, per Asdrubale, nascere fratello minore in una famiglia come quella dei Barca. Dove il padre è Amilcare, generalissimo che domina la Spagna come fosse roba sua, e il fratello maggiore è Annibale. E abbiamo detto tutto, mi sa.
Ecco, il povero Asdrubale è nato fratello minore in questa famiglia qua, e con questi parenti. Pensateci, voi che vi lamentate perché vostro fratello ha preso cento alla maturità e mamma ancora la loda.
Il povero Asdrubale, che già con quel nome lì dove vuoi che vada, povero cittino, nasce e cresce schiacciato fra questi due giganti. Un padre che ce l’ha a morte con i Romani e un fratello che ha giurato di vendicarsi di Roma. Le conversazioni a casa non dovevano essere il massimo della varietà. Ma quello gli tocca. Fin da bambino, come il fratello, trotterella per gli accampamenti, impara a menare con la spada, a comandare le truppe, a guidare gli assalti degli elefanti come oggi i giovinetti delle famiglie per bene guidano con nonchalance il SUV.
É un numero due, lo sa fin dalla nascita. Annibale è la star indiscussa, il primogenito, il genio. Ma per i Barca la guerra è un’impresa di famiglia, e quindi lui si adegua, non capiamo quanto entusiasta. Aveva altre ambizioni? Gli sarebbe piaciuto qualcosa di diverso? Abitare a Cartagine, tramare in politica nel senato, fare il letterato in città, oppure magari ritirarsi in una bella villa in campagna, spaparanzato a mangiare uva attorniato da compiacenti concubine? Non lo sappiamo. Nonostante fossero Cartaginesi, i Barca avevano una mentalità da ufficiali teutonici ante litteram: Roma è il nemico, Roma si combatte, e via.
E ci va, via, Asdrubale. Anzi, prima resta, in Spagna, a presidiare il terreno, quando il fratello parte, elefanti in spalla, alla volta dell’Italia. Resta e combatte, palmo a palmo, con alterne fortune. Si scontra, per primo, contro gli Scipioni, e capisce che sono gente tosta, e teste pericolose, le più pericolose che Roma ha partorito.
Poi quando Annibale ha bisogno di lui, non si fa pregare e parte. Anche lui per l’Italia, anche lui attraverso i Pirenei e le Alpi, gli elefanti al seguito, i soldati che smadonnano tutti gli dei ad attraversare le montagne e i passi gelati.
In Italia si uniscono alle sue truppe i Liguri e i Celti. Che sono parecchi e ce l’hanno con Roma, ma sono pur sempre mezzi selvaggi e indisciplinati. Fanno numero, ma creano più problemi di quanti ne risolvano, perché insegnare loro a stare nella schiera è un’impresa titanica, più che battere Roma. Ma Asdrubale è un Barca, le difficoltà non lo fermano, e poi ha una missione. Il fratello Annibale, per quanto vincente, è impantanato. Deve portargli aiuto, sbloccargli la via con truppe fresche. Asdrubale che è generoso cala, arriva fino a Pesaro, al Metauro. Lì vuole attaccare l’esercito di Livio Salinatore, che è accampato ed attende.
L’imprevisto. É sempre l’imprevisto che frega. L’imprevisto qui si chiama Claudio Nerone, un nome che nella storia di Roma è sempre portato da figli di buona donna. E questo, che è il capostipite degli altri, non fa eccezione.
Nella notte, mentre Asdrubale è nella sua tenda e i suoi soldati si preparano allo scontro affilando le spade e cantando canzoni da caserma, si ode una tromba romana suonare. Asdrubale conosce il segnale. I Romani lo danno quando arriva al campo un comandante. Per Asdrubale è il segno della fine. Al campo di Salinatore è arrivato Claudio Nerone, con le sue truppe fresche e addestrate. Legionari romani usi ad obbedire agli ordini, non quei quattro Liguri e Celti bastardi che non sanno stare in fila e si ritrova nella schiera lui.
Sa che è votato alla sconfitta, ma è un Barca e non si tira indietro. La mattina dopo, sul Metauro, è in prima fila, contro il nemico, contro Roma.
Perde. Le sue truppe (i maledetti Celti e Liguri che non sanno stare in fila) si sfaldano al primo scontro. E lui, che è lì, con i suoi cavalieri punici addestrati ma inutili contro la preponderante forza dei Romani, fa l’unica cosa possibile. Si lancia con la spada sguainata contro il nemico, per trovare una morte eroica in battaglia.
Viene ucciso. Ma quel figlio di buona donna di Nerone non si attiene alla regola non scritta degli eserciti, rispettare almeno il cadavere di chi è caduto con onore. No, lui al cadavere di Asdrubale fa tagliare la testa e la lancia, come una palla da rugby, nel campo di Annibale.
Rotola, la testa di Asdrubale, ai piedi del fratello maggiore. Le orbite vuote le guardano, con un’espressione di muta ammirazione. Quella di un fratello minore che ha perso tutto, persino la vita, per rimanere vicino al maggiore e obbedire a quelli che erano i desideri di famiglia.

3 Comments

  1. Deve esserci una disfunzione temporale…inaccettabile! Asdrubale muore nel Metauro nel 207 A.C. – Nerone sarebbe nato nel 37 D.C., cioé ben 244 anni dopo la morte del condottiero cartaginese!

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