Ludovico Ariosto, il pigro del Rinascimento

Ludovico Ariosto

Accadde oggi: moriva il 6 luglio 1533 a Ferrara Ludovico Ariosto, poeta e cortigiano controvoglia alla corte di Ippolito d’Este.

Il pigro del Rinascimento

Ludovico Ariosto, il pigro del Rinascimento. Lo si potrebbe definire così, messer Ludovico. In un’epoca in cui gli artisti erano trottole impazzite che giravano da una corte all’altra, coccolati e contesi a suon di contratti milionari, lui no. Ludovico Ariosto, messer Ludovico, odiava i viaggi, odiava spostarsi, forse odiava anche la corte in sé. Avesse potuto scegliere, si sarebbe ritirato a casa, nella sua Ferrara, a scrivere, sul divano. Che allora non esisteva ancora, ma se fosse esistito, Ludovico ci si sarebbe piazzato sopra stravaccato come Homer Simpson.
Insomma, Ludovico Ariosto, uno di noi.

La leggerezza di Ludovico Ariosto

Eppure la sua testa lavorava a ritmo frenetico. Da bravo pigro, Ludovico Ariosto aveva un frenetica vita virtuale. Poche trame nella letteratura italiana sono complesse e piene di colpi di scena come il suo Orlando furioso. Un fuoco di fila di personaggi e colpi di scena, intrecci e svolte. Che Ludovico Ariosto dosa e miscela con mano sapiente e leggera. Perché il pregio dell’Ariosto è questo qui. A scrivere si diverte così tanto che riesce a far divertire anche noi. Ludovico Ariosto è aereo, limpido come una boccata di aria fresca. Non è un poeta, è un amico che ride con te.

Ludovico cortigiano di Ippolito, il più grezzo degli Este

Che poi nella vita, povero Ludovico, poco aveva da ridere. Nella colta corte di Ferrara gli toccò in sorte come protettore il più idiota della famiglia Este. Poteva capitargli Alfonso, duca illuminato. O la di lui moglie Lucrezia Borgia, signora amante dell’arte. Oppure Isabella, gran signora del Rinascimento e patrona di artisti. O Beatrice, duchessa di Milano, regina della moda. No, a Ludovico Ariosto capitò Ippolito d’Este, cardinale gretto e ignorante come una talpa, che ai fratelli assomigliava come un carretto ad una Ferrari.

Passò la vita, povero Ariosto, a scrivere poemi di gran successo che il cardinale non capiva. E poi a governare bene regioni zeppe di briganti e zotici, come la Garfagnana, che gli Este faticavano a tenere sotto controllo. S’impuntò solo quando Ippolito se lo voleva portare dietro in Ungheria. Perché va bene tutto, e la pagnotta si deve portare a casa, ma finire in fondo al mondo, fra barbari che mangiano male e vivono al freddo, no, Ludovico Ariosto rispose picche.

Ludovico Ariosto, la vita familiare di un pigro

Per il resto si mantenne pigro e un po’ indolente. Anche nelle faccende di casa. Chierico senza alcuna vocazione, fu padre distratto di figli che ebbe dalle serve di casa, è che sempre dubitò che fossero davvero suoi. Fu amante segreto di una donna maritata, che poi sposò in segreto per non perdere i benefici ecclesiastici e forse più per non sentirla lagnare che per passione convinta.

Sempre pigro, viaggiò poco e male. Forse se la sentiva. Infatti di ritorno da un viaggio diplomatico a Mantova si beccò una enterite, che oggi si risolve con una settimana di enterogermina e invece nel Rinascimento voleva dire ciao, ci vediamo nell’aldilà.
Nessuno dei suoi paladini virtuali potè salvarlo. Era il 6 luglio del 1533.

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