Perché Omero era come di Netflix, anzi meglio

La letteratura greca era avanti e Omero era più avanti di tutti. Se ancora lo leggiamo, a distanza di secoli, è perché Omero (o chi per lui) già aveva capito i fondamentali per le grandi serie pop.

1. Il team di sceneggiatori: toglietevi dalla testa l’idea del genio solitario che partorisce l’opera immortale. La Gilda degli Omeridi era una associazione di autori che lavoravano tipo catena di montaggio, un canto via l’altro come gli episodi dei serial. Siccome ci campavano, erano disposti a riaggiustare e risistemare per venire incontro alle esigenze del pubblico diverso: in pratica dalla sagra di paese alla corte chic. Il cosiddetto Omero era l’aedo capo, lo showrunner. Insomma una specie di Alex Pina della situazione.

2. Il mercato internazionale: le produzioni omeriche sono uno show globale vendibile in tutto il bacino del Mediterraneo. Basta con queste caspita di saghe locali dove i Tessali raccontano eroi Tessali, gli Arcadi eroi arcadi, sbrodolando per centinaia di versi sulle gesta di tizi insulsi che nessuno conosce fuori dal cortile della loro casa. No, Omero punta al mercato globale, persino la Grecia è troppo piccola per lui. Per questo usa location in Asia minore, e isole esotiche. Per questo vuole un cast internazionale con anche un occhio benevolo alle minoranze etniche e agli stranieri. Ci sono Frigi, Lici, Cari, e pure i Troiani non possono essere solo nemici stronzi, ma vanno raccontati come personaggi interessanti e complessi. Sia mai che poi comprano anche loro la serie, eh.

3. I protagonisti fighi. L’occhio vuole la sua parte. Omero intuisce che il pubblico vuole gli eroi belli. Quindi prende come protagonista Achille, muscoloso e aitante, ma non lesina nemmeno sul biondo Menelao, sul fascinoso Ulisse, e soprattutto su Paride, che può anche essere cane ed avere due battute in tutto, ma decora il set come pochi. Giusto Tersite e Calcante possono essere bruttarelli. Ma uno è l’indovino vecchio e saggio e l’altro l’intermezzo comico, insomma quelli che nelle serie non si fila mai nessuno.

4. Sponsor e product placing: ė una produzione internazionale, i soldi servono. Quindi vai con citazioni utili a raccattare fondi e benevolenza. Tipo inserire fra gli eroi gli antenati del signorotto locale che ti offre la cena, e magari una profezia a cavolo in cui si dice che la sua stirpe diverrà signora di tutto il mondo. Quel broccolo di Enea si spiega così. L’intero catalogo delle navi è un esempio di strategia di marketing con inserimento perfetto di sponsor a fini commerciali. Del resto, Omero è greco, vendere era la sua religione.

5. Il sesso vende. Il vero argomento della serie, come in tutti i serial di successo da Dallas in poi, sono le corna incrociate fra i ricchi e famosi. Nessuno si ascolterebbe un poema che parla di una guerra noiosissima per il controllo commerciale degli stretti. Meglio inventarsi il rapimento di una bella regina che forse è connivente con il suo rapitore (che fa tanto mister Gray miceneo), e aggiungerci una sottotrama con una bella schiava contesa fra i due potenti di turno. E per prendere ogni fascia di pubblico, metterci anche il belloccio buono fedelissimo alla moglie e alla famiglia e una storia gay pudicamente accennata fra Achille e Patroclo. Non bastasse, ti giochi la carta di Cassandra violentata. Hai tutto e The Crown ti spiccia casa.

6. La distribuzione internazionale e la potenza del merchandising: gli aedi coprono tutte le corti del Mediterraneo, e non c’è nemmeno bisogno dello streaming. Con l’equivalente di una cena vengono a casa tua di persona a intrattenere te e gli ospiti. Per giunta fra vasi a figure nere, rosse, statue, affreschi e altro, Omero mette su un impero di oggetti che parlano delle sue opere che manco la Rowlings con Harry Potter o Martin con Games of Thrones. Persino gli analfabeti hanno una tazzina con sopra Nestore, Achille o Ulisse. Per secoli e secoli. Tiger gli fa un baffo.

7. Gli spin off. Mai lasciar morire un filone quando il pubblico lo apprezza. Per esempio quell’Ulisse lì, nell’Iliade è sotto traccia, ma il pubblico ha dimostrato di essercisi affezionato? Vai di spin off, e lo mandi a girare per il Mediterraneo. Ambientazioni da favola, belle donne, mostri e avventure per la felicità delle Proloco. Funziona così bene che lo spin off è persino più amato della serie originale, un po’ come The Next Generation rispetto a Star Trek. Capita quando imbrocchi il protagonista giusto. Poi la gente ormai ama così tanto il format che segue persino gli spin off più fiacchi, come Discovery o l’Eneide, per dire.

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