Accadde oggi: 15 agosto del 423 muore a Ravenna Onorio, l’imperatore innamorato della sua gallina
Onorio, l’imperatore innamorato della sua gallina
Questa storia inizia con una gallina. No, non siamo nello spot del Mulino Bianco con Banderas e Rosita. Siamo a Ravenna, negli anni fra il 393 e il 423 d.C. La gallina non si chiama Rosita, ma Roma, come l’Urbe, e lui si chiama Flavio Onorio. È il figlio del grande generale e poi imperatore Teodosio I, e di mestiere pure lui fa l’imperatore d’Occidente in anni turbolenti per l’impero. Onorio e la gallina Roma diverranno protagonisti della storia (la gallina Roma a dir la verità suo malgrado) per un celebre aneddoto che li ritrae assieme. Quando Roma, nel senso della città, fu attaccata dai Visigoti, i cortigiani corsero da Onorio dicendogli che Roma era perduta. E lui, pensando alla gallina, si spaventò a morte e inconsolabile commentò: “Ma non è possibile, era qui un attimo fa che mangiava dalle mie mani!”
Dal che si evince che Onorio oggi sarebbe un eroe degli animalisti. Ma anche che dei due la migliore mente politica era la gallina.
Onorio, un imperatore bambino

Che Onorio non fosse stabilissimo di mente a corte era sempre stato chiaro. La vena di follia che attraversava la stirpe di Teodosio passò da lui e poi riemerse nel nipote Valentiniano III. Del resto Onorio fin da bambino fu costretto a prendersi responsabilità che avrebbero schiacciato uomini ben più strutturati e maturi. E ad affrontare casini che avrebbero stroncato Ercole e Mattarella messi assieme.
È il 392 quando il padre Teodosio lo eleva al trono. Valentiniano II si è suicidato, o forse è stato suicidato dal suo primo ministro e quasi carceriere, il generale Arbogaste. Teodosio dapprima pare accettare come coimperatore Eugenio, un tizio che Arbogaste ha scelto come paravento, poi non ci sta e li fa fuori entrambi. Onorio è un bimbo, ma già quando aveva due anni lo avevano nominato console. A Oriente il suo collega sarà il fratello maggiore, Arcadio. A lui succederà poi il nipote, Teodosio II, coadiuvato da una delle donne forti di famiglia, Pulcheria, che terrà ben salde le sorti del dell’impero. L’Occidente non sarà così fortunato.
Qui viene mandato Onorio, che si insedia a Milano. Succede al padre Teodosio nel 395. Per non lasciare solo sul trono questo puttino, gli mettono accanto due personaggi di provata esperienza, ma anche di grande ambizione. La zia Serena, nipote di Teodosio, e il di lei marito, che è uno dei più valenti generali dell’impero: il vandalo Stilicone.
Serena, la quasi imperatrice moglie di Stilicone

Nella casa di Teodosio, abbiamo visto, le donne ereditano in genere il carattere e la predisposizione per la politica. Non fa eccezione Serena. Teodosio I l’ha sempre amata come una figlia e la considera una consigliera accorta. Lei è testarda, amante del lusso ma bigotta quanto basta per compiacere le gerarchie ecclesiastiche. Suo marito Stilicone è di origine barbara, ma è anche il braccio armato dell’impero. Serena è di fatto imperatrice, e sogna di divenirlo anche di diritto. Se non come moglie di Stilicone, almeno come suocera di Onorio. Infatti la coppia fa subito sposare ad Onorio la loro primogenita, Maria. E quando questa ha la pessima idea di morire giovane, gli fanno sposare pure la seconda, Termanzia. Matrimoni che non avranno comunque nessun frutto, perché, come dire, Onorio, povero tesoro, non pare che abbia mai capito bene i meccanismi della riproduzione, L’unica donna per cui prova interesse e che smanaccia in continuazione è la sorella Galla Placidia, che ad un certo punto, esasperata, fuggirà a Costantinopoli.
Onorio, un impero pieno di problemi
Va detto che il destino, al povero Onorio, risparmia ben poco. Il suo regno è un tutt’uno di usurpatori che cercano di emergere, tribù barbare che premono ai confini, generali semibarbari o barbari che litigano fra loro, e altre varie ed eventuali. Il povero Onorio ad un certo punto è costretto persino ad abbandonare Milano, troppo esposta ai raid, e rifugiarsi a Ravenna, dove costruirà un meraviglioso palazzo oggi ancora non del tutto identificato dagli archeologi, e dando il via all’età d’oro della città.
Stilicone ci mette pezze ovunque, ma è un uomo ingombrante e si fa parecchi nemici. È sempre più chiaro che grazie ai matrimoni delle figlie si considera membro a tutti gli effetti della dinastia. E che forse lui e Serena preparano l’ascesa al trono del loro figlio maschio, certo più adatto del povero Onorio a regnare. I vecchi sentori romani e i cortigiani non amano l’idea di finire sotto il comando effettivo di un imperatore di origine barbarica. Curioso: più l’impero perdeva potere, più i romani diventavano razzisti. E così, lentamente, si fa strada l’idea che bisogna liberarsi di Stilicone.
La congiura contro Stilicone e la vittoria di Olimpio
È nel caldo agosto del 408 che gli equilibri si rompono e tutto precipita. Stilicone pare padrone del gioco. Ha sconfitto i barbari. Nonostante i problemi e la difficile situazione in Gallia e in Britannia costringe il senato ad approvare le sue scelte. La seconda figlia, Termanzia, si è appena sposata con Onorio.
Ma un cortigiano scaltro e senza scrupoli, Olimpio, sobilla Onorio. Per il partito antibarbarico, la politica di Stilicone che prevede di evitare lo scontro militare con i barbari quando non necessario e lascia campo libero al re visigoto Alarico, partito all’attacco dell’Oriente, è un insulto all’impero. Olimpio è subdolo, e Onorio è quello che è. Il cortigiano scatena una rivolta contro i sostenitori di Stilicone a Ticinum (Pavia), quindi accusa il generale di aver ordito una congiura per mettere sul trono il figlio, il giovane e promettente Eucherio. Finirà malissimo. Il generale e la sua famiglia vengono uccisi, Olimpio resta padrone del campo. Ma un consigliere subdolo non sempre sa trasformarsi in un grande politico. E infatti Olimpio non ce la fa.
La disfatta di Onorio e dell’impero: dal sacco di Roma alla morte

la fine di Onorio
Liquidato Stilicone, Onorio resta quello che è. Un poveraccio pieno di problemi mentali, attorniato da una corte zeppa di intriganti. Quando Alarico cala in Italia, Olimpio e i suoi scelgono la strada dell’intransigenza. Che non paga quando i barbari sono meglio armati e di maniere spicce. Alarico, abituato alla realpolitik di Stilicone si accontenterebbe di essere pagato e andarsene senza colpo ferire. Ma Olimpio dice no a tutto e alla fine Alarico sarà costretto quasi suo malgrado a saccheggiare Roma, e a portarsi via come prigioniera la sorella di Onorio, Galla Placidia, che andrà brevemente sposa ad un suo parente.
Ad Onorio a questo punto è rimasta proprio solo la sua gallina. In una manciata d’anni l’impero d’Occidente è ridotto al lumicino. Olimpio stesso, deposto dopo il rovinoso sacco di Roma, finirà bastonato a morte da parte di Costanzo, generale che sarà il secondo marito di Galla Placidia e nuovo imperatore. Onorio resterà a Ravenna, con un impero ridotto ormai a moncherini. Dirà ai soldati di Britannia che si devono arrangiare perché lui non ha più uomini per presidiare quell’isola lontana. Lascerà le Gallie nel caos. Morirà improvvisamente per un edema a trentotto anni, poco rimpianto e solo, attorniato dal luccichio dei mosaici di palazzo che non riescono a nascondere con la loro luce le tenebre che ormai hanno avvolto l’impero.
Era il 15 agosto del 423.
e se volete ascoltare un podcast che vi racconta questo periodo suggerisco quello del mio amico Marco Cappelli su Storia d’Italia: l’estate di San Martino. Qui
Fu imperatore (di nome) suo malgrado. Comunque l’impero aveva dato segni di cedimento gia’ alcuni decenni prima.
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